Mese: luglio 2018

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

I diabetici corrono un rischio maggiore di sviluppare il cancro.

Il pericolo è superiore per le donne. A sostenerlo è uno studio pubblicato su “Diabetologia”, condotto da Sanne Peters del George Institute for Global Health in collaborazione con l’Università di New South Wales di Sydney e l’Università di Oxford.

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne
Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

Nello specifico sono stati effettuate delle maxi revisioni su ben 47 ricerche pubblicate in merito, fino a superare quota 20 milioni di individui coinvolti nel processo di ricerca. Secondo lo studio, dei soggetti analizzati, le donne malate di diabete correvano un rischio maggiore del 27% di sviluppare un cancro rispetto alle donne non affette dalla patologia. Per gli uomini, il rischio era del 19%.

In merito si è espresso anche Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia: “Occorre avere ben chiara la potenziale gravità del diabete, che oggi possiamo prevenire e curare in maniera molto più efficace che in passato. La condizione necessaria però è che vengano implementati i modelli organizzativi di gestione della malattia”.

Il diabete colpisce oltre 415 milioni di persone nel mondo, con 5 milioni di decessi l’anno. In Italia sono più di 3,5 milioni le persone colpite dalla malattia. La correlazione con il cancro era stata indicata già in passato, ma ora tali statistiche aiutano a comprendere la gravità della situazione. Il legame potrebbe essere dato dagli sbalzi glicemici, che potrebbero generare dei danni al Dna cellulare, predisponendo di conseguenza l’organismo al tumore.

“E’ possibile che le donne rischino di più – spiega Peters – perché restano più a lungo in una condizione di ‘pre-diabete’, ovvero di ridotta tolleranza al glucosio (almeno due anni di più rispetto ai maschi che invece manifestano il diabete molto più in fretta). Inoltre le donne con la malattia, continua Peters, sono trattate meno dei maschi, ricevono meno terapie farmacologiche anche quando manifestano i sintomi del diabete e questo potrebbe avere ricadute sul rischio di tumori”.

Procreazione Medicalmente Assistita: in Italia in 10 anni, 100mila nati

Procreazione Medicalmente Assistita: in Italia in 10 anni, 100mila nati

Risale a 40 anni fa la prima Procreazione Medicalmente Assistita in Italia, negli ultimi 10 anni ha dato vita a 100 mila bambini

100 mila bambini in dieci anni, sono i bambini nati in Italia grazie alla Procreazione Medicalmente Assistita (pma). Nonostante ciò, sono ancora troppo poche le coppie infertili, che ancor prima di intraprendere questo cammino, si rivolgono a un andrologo, per l’esattezza una su quattro.

Procreazione Medicalmente Assistita
Procreazione Medicalmente Assistita

Dati diffusi dalla Società Italiana di Andrologia (SIA), durante il compleanno di Louise Brown, la prima bambina venuta al mondo dopo essere stata concepita in provetta.
I centri di medicina della riproduzione italiani hanno registrato dal 2005 al 2015, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), oltre mezzo milione di procedure di fertilizzazione in vitro, da cui sono nati oltre 100 mila bimbi.

Nonostante ciò, la probabilità di riuscita delle procedure di procreazione medicalmente assistita è ancora inferiore al 50%. Se un figlio non arriva, l’attenzione si sposta sulla donna quando invece la ripartizione del problema è al 50% fra maschi e femmine. Nel caso sia il maschio ad avere problemi, un’adeguata prevenzione o specifiche terapie possono portare alla soluzione del problema.

Rimane però il problema sul maschio, perchè solo 60 mila delle coppie sulle 250 mila con problemi di fertilità ‘ricordano’ di fare diagnosi e cura di lui, ovvero una su 4.

“L’infertilità maschile è raddoppiata negli ultimi 30 anni e il fattore maschile è sovrapponibile a quello femminile, tanto che si stimano circa 2 milioni di italiani ipo-fertili. Ciò nonostante, mentre a volte, ci si accanisce nell’individuazione e trattamento delle cause femminili, spesso si tralascia del tutto l’altra metà della coppia” – spiega Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore dell’Università Federico II di Napoli.

La pma può essere evitata, in almeno 8 mila casi ogni anno o almeno si potrebbe ridurre del 50%. Basterebbe infatti eseguire interventi poco complessi e costosi, come ad esempio la correzione del varicocele, la cura di infiammazioni urogenitali, l’uso di terapie ormonali o di molecole antiossidanti.

Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue

Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue

Un’indagine di Cittadinanzattiva mette in evidenza il grande problema dell’assunzione dei farmaci, che nell’Unione Europea è causa di 195.000 decessi, con un farmaco su due assunti in maniera non corretta

Le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sono impietose riguardo l’assunzione dei farmaci: dal 30% al 50% dei farmaci prescritti non sono assunti come dovrebbero. Nell’Unione Europea, sarebbero 194.500 i decessi causati da errori nell’assunzione dei farmaci, per un’ammontare della spesa pari a 125 miliardi di euro ogni anno.

Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue
Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue

Se da una parte, il problema è maggiormente sentito da malati cronici e che assumono più medicinali, dall’altra, le regioni non effettuano una corretta informazione in merito ed il paziente non è supportato a dovere. E’ quanto evidenzia Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, dopo aver effettuato un’analisi sull’aderenza terapeutica.

Il paziente può non assumere correttamente i farmaci per diversi motivi, fra questi la compresenza di più malattie croniche, la frustrazione nel non percepire benefici dalle cure e la scarsa comprensione sulla terapia da seguire. Su questi tre punti però si può migliorare, così come emerge dall’indagine eseguita con il contributo non condizionato di Servier, attraverso un questionario rivolto agli Assessorati alla salute e operatori sanitari.

13 le Regioni che hanno risposto ai questionari, puntando di più sui medici di famiglia, specialisti, farmacisti e infine sugli infermieri. Inoltre emerge che nessuna delle 13 regioni ritiene di puntare sul care-giver familiare e professionale, come ad esempio le badanti. In questo senso, soltanto Friuli Venezia Giulia, Molise e Trento stanno investendo sul ruolo delle associazioni di pazienti.

Intanto, la poca informazione fa il suo cattivo gioco, sarebbe importantissimo incentivarla e non solo con brochure e tutorial ma anche con campagne pubblicitarie vere e proprie. Sono 8 le raccomandazioni del Tribunale per i diritti del malato, fra cui “dare tempestiva attuazione al Piano Nazionale della Cronicità”, “perché chiarisce bene come, oltre a intervenire sull’appropriatezza prescrittiva, le regioni devono creare soluzioni organizzative che favoriscano l’adesione alle prescrizioni” come ha spiegato il coordinatore nazionale Tonino Aceti.

Epatite C, uno screening generale migliora l’aspettativa di vita

Epatite C, uno screening generale migliora l’aspettativa di vita

I controlli mirati hanno una loro funzione ma agiscono solo con un rapido trattamento, lo screening generale può far sperare a una migliore aspettativa di vita

Risparmiare risorse e migliorare l’aspettativa di vita nelle persone colpite da Epatite C si può con uno screening generale. Rispetto lo screening mirato il percorso di quello generale risulta più efficiente, perchè quello mirato coinvolge soltanto alcune categorie di persone.

epatite C
epatite C

E’ quanto afferma, in sintesi, una ricerca condotta dalle Università Paris Diderot e Paris 13 oltre che dell’Inserm, l’Istituto nazionale francese per la salute e la ricerca medica, pubblicata sul Journal of Hepatology.

Lo screening generale aiuta nell’azione di prevenzione, basti pensare che nel 2014, in Francia, dove è stata condotta la ricerca, sono state circa 75mila le persone tra i 18 e gli 80 anni colpite dal virus dell’epatite C, senza che le stesse fossero a conoscenza della loro condizione.

Gli studiosi hanno sperimentato un modello analitico basato su una combinazione di dati e di caratteristiche delle persone infette. Lo stesso ha fatto emergere come lo screening generale sia legato a una migliore aspettativa di vita rispetto a quello mirato. In particolare, quest’ultimo offre maggiori probabilità di risultati se i pazienti che vengono sottoposti al test, vengono trattati rapidamente dopo la diagnosi.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel 2016 si contavano 80 milioni le persone affette da epatite C e per questa patologia, sempre nello stesso anno, sono stati 700mila i decessi.

Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria

Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria

Un campanello d’allarme per tutti gli alimenti surgelati: tanti quelli che negli ultimi tempi sono stati contaminati da un batterio molto pericoloso.

Fa parte di una famiglia il cui nome in gergo scientifico è listeria monocytogenes e può appunto provocare la listeria. Il rischio è contrarre una forte intossicazione, nei casi più gravi si può arrivare anche al decesso. L’allarme sta interessando tutta Europa e in Italia, recentemente, sono stati ritirati prontamente dal mercato alcuni lotti di minestroni Findus e di prodotti marchiati Feshona.

Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria
Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria

La trasmissione del batterio può avvenire infatti attraverso il consumo del cibo contaminato o in altri casi tramite il contatto con le persone o gli animali infetti. Sia il Ministero della Salute che la Coldiretti hanno cercato di tenere a bada l’isteria diffusa dei consumatori predicando calma.

Come primo accorgimento da seguire per evitare particolari rischi arriva l’invito de l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha consigliato di abbassare a meno di 5 gradi la temperatura dei frigoriferi per evitare e limitare la crescita dei batteri interessati.

Ma, i punti da seguire per scongiurare ogni possibilità di contaminazione sono 8, ve li elenchiamo nell’ordine:

  • Lavare per bene frutta e verdura prima di consumarla
  • Cuocere sempre il cibo, in quanto il calore uccide il batterio
  • Conservare sempre in frigo gli alimenti freschi
  • Non mangiare carne cruda, prodotti affumicati e formaggi prodotti con latte pastorizzato
  • Riporre il cibo in appositi contenitori chiusi
  • Pulire e disinfettare spesso il frigo e il congelatore
  • Non scongelare sotto l’acqua calda gli alimenti
  • Non mangiare alimenti dopo la data di scadenza
In spiaggia, ecco cosa mangiare e bere per resistere al caldo

In spiaggia, ecco cosa mangiare e bere per resistere al caldo

Prestare attenzione all’alimentazione sulla spiaggia, specie quando si vuole trascorrere intere giornate, è importante per nutrirsi e idratarsi in maniera adeguata

Cibi leggeri e nutrienti nella borsa frigo, tanta acqua evitando l’alcol, sono le basi principali per resistere intere giornate sulla spiaggia perchè non è sufficiente prestare attenzione soltanto al sole ed alle scottature ma è necessario seguire un’attenta alimentazione.

anguria
anguria

A dare una mano in tal senso è una lista che contiene tutti gli accorgimenti da adottare per nutrirsi e idratarsi in maniera adeguata quando si fa vita da spiaggia, stilata dalla nutrizionista Isabel Maples, portavoce della Academy of Nutrition and Dietetics in Usa.

Ecco quindi il menù corretto, bevande incluse, per reintegrare l’energia risucchiata da sole e bagni. Per prima cosa, è necessario munirsi di una borsa frigo che va tenuta all’ombra e magari anche sotto un’asciugamano.

All’interno tanto frutta, perchè ricca di acqua, come l’anguria. Poi un’insalata a base di feta, un formaggio proteico e una ricarica di sodio per reagire alla sudorazione che non risparmia nessuno al mare.

Per il tanto amato spuntino nutriente, spiega la nutrizionista, meglio prediligere un kebab vegetariano con formaggio, cetrioli, insalata e pomodori o con humus, ricco di proteine, che si può preparare anche usando delle ciotole monoporzione. Altro alimento consigliato è l’insalata con i cereali integrali e legumi come farro o quinoa, semi e frutta secca.

In particolare, la frutta secca può anche divenire l’ingrediente principe di un ottimo spuntino. Se invece si vuole evitare lo spuntino, si consiglia molto più semplicemente, un pacchetto di cracker integrali, ricchi di fibre che tengono a bada la fame.

La nutrizionista statunitense, per quanto concerne le bevande, predilige l’acqua o al più i succhi rigorosamente al 100% di frutta. Da evitare invece le bibite e gli alcolici, che agiscono disidratando e offrendo solo una falsa sensazione di domare la sete.

E’ possibile individuare la leucemia grazie ad un semplice test del sangue

E’ possibile individuare la leucemia grazie ad un semplice test del sangue

Un test del sangue per predire il rischio di leucemia anni prima che il cancro si manifesti. La prospettiva si apre grazie a uno studio, pubblicato su ‘Nature’, che ha scoperto alcuni cambiamenti genetici già presenti nei sani, ma indizio di un’alta probabilità di sviluppare in futuro la forma mieloide acuta del tumore ematologico.

La scoperta è frutto di una collaborazione internazionale coordinata da scienziati del Wellcome Sanger Institute e dell’European Bioinformatics Institute (EMBL-EBI) e si è basato su dati dello studio EPIC, uno degli studi più ampi mai intrapresi.

La leucemia mieloide acuta (LMA) è una malattia che si sviluppa a partire dal midollo osseo e che progredisce velocemente. Colpisce i “precursori” delle cellule del sangue presenti nel midollo che servono a formare globuli bianchi, globuli rossi, o piastrine. Proprio perché colpisce i precursori delle cellule del sangue, la LMA causa anemia, un basso numero di piastrine e aumento o diminuzione dei globuli bianchi, quindi mette a rischio tra le altre cose di emorragie e infezioni.

Per risalire alle radici della leucemia mieloide acuta, gli autori hanno attinto allo studio ‘Epic’ in corso dal 1992 sui legami fra cancro e alimentazione. Poiché nel tempo alcuni dei partecipanti arruolati si sono ammalati di Aml, analizzando i loro campioni di sangue precedentemente prelevati e stoccati, gli scienziati hanno provato a capire se esistevano ‘spie genetiche’ pretumorali, presenti e riconoscibili anni prima che la patologia insorgesse. Confrontando i sequenziamenti di Dna effettuati sul materiale proveniente da 124 pazienti che avevano sviluppato la leucemia con quelli da 676 persone non colpite, l’équipe ha così scoperto che molti fra coloro che successivamente si sono ammalati di Aml mostravano particolari alterazioni che li distinguevano dagli altri.

“Il nostro studio – dichiara uno degli autori George Vassiliou di Cambridge – fornisce per la prima volta la prova che è possibile individuare persone a rischio di sviluppare la leucemia mieloide acuta anni prima dell’esordio della malattia. Speriamo di sviluppare test di screening affidabili per identificare le persone a rischio ed orientare la ricerca per prevenire o rallentare la progressione di questo male. La nostra aspirazione è che un giorno la prevenzione di questa leucemia diventi un’alternativa efficace al trattamento della malattia stessa”.

La psicoterapia nuovo rimedio per combattere l’acufene cronico

La psicoterapia nuovo rimedio per combattere l’acufene cronico

Fischi cosiddetti ‘fantasma’, rumori e dolori cronici all’orecchio: in molti casi la causa dell’acufene cronica è considerata ignota, ragion per cui le cure risultano spesso insoddisfacenti.

C’è un nuovo studio, che propone un approccio totalmente diverso alla risoluzione del problema, ed è quello condotto dai ricercatori dell’Università inglese di Bath che hanno selezionato 182 pazienti con acufene cronico e doloroso da una clinica specializzata per poi pubblicare i risultati dell’analisi sulla rivista scientifica Ear and Hearing.

Dopo un attento ed approfondito esame sulle cartelle cliniche dei soggetti selezionati i volontari hanno completato un programma di terapia cognitiva basata sulla consapevolezza (MBCT) di otto settimane. Le misure relative al disagio psicologico correlato all’acufene sono state annotate prima dell’intervento, dopo l’intervento e dopo un follow-up di sei settimane.

Al termine dell’operazione è stato evidenziato come nel 50% dei casi siano stati rilevati dei sensibili miglioramenti nei disagi arrecati dall’acufene. Allo stesso tempo è aumentata esponenzialmente l’accettazione da parte dei pazienti dell’acufene e della consapevolezza del problema. Ad oggi sono circa 3 milioni gli italiani a soffrire di un disturbo del genere. Fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni martellano nelle orecchie, a volume variabile. In pratica non si è mai in silenzio. Non viene classificata come malattia, ma crea comunque problemi e stress.

Di conseguenza ne risente pesantemente anche la qualità del sonno che risulta insoddisfacente dal momento che il cervello dedica maggiore attenzione sul fastidioso fischio che accompagna ogni momento del giorno e della notte, con l’effetto paradossale di peggiorare la concentrazione.

Troppi caffè fanno male? Nient’affatto, possono allungare la vita

Troppi caffè fanno male? Nient’affatto, possono allungare la vita

Un altro falso mito pronto ad essere sfatato, quello sul caffè e sui rischi che ne derivano dal consumarne in abbondanti quantità.

Potrebbe non essere così, anzi. Uno studio pubblicato da Lancet Internal Medicine ed effettuato da i ricercatori dello U.S. National Cancer Institute dimostra come i caffeinomani possano trarre benefici dal loro vizio. Sono stati messi sotto esame 500 mila cittadini britannici, un terzo di questi beveva abitualmente due o tre caffè al giorno, altri 10 mila arrivavano anche a quota otto, agli stessi è stato poi effettuato un test genetico.

L’età media dei soggetti analizzati era compresa tra i 40 e i 69 anni, lo studio è durato in totale 10 anni, periodo nel quale sono morti circa 15 mila partecipanti. Ebbene, in conclusione il risultato ha evidenziato come tra queste persone la mortalità sia calata del 12%. Non vi è molta differenza tra consumatori di caffè più sfrenati e quelli più moderati, perchè gli stessi benefici sono stati riscontrati anche in chi ha la variante del Dna che rende più lento il metabolismo della caffeina.

“Non è chiaro come il caffè possa influire sulla longevità – spiegano gli autori – questa bevanda contiene oltre mille composti, inclusi molti antiossidanti, che potrebbero proteggere le cellule”. Non è quindi la caffeina a fare la differenza, considerando che ricerche simili effettuate in passato hanno dimostrato che gli stessi effetti siano stati riscontrati in soggetti che bevevano esclusivamente decaffeinato.

Proprio l’anno scorso infatti Marc Gunter, epidemiologo dell’International Agency for Research on Cancer, aveva condotto uno studio su una delle bevande più consumate al mondo. Lo studioso si esprimeva così sulle sostanze benefiche contenute nel caffè: “Il caffè contiene numerosi composti, come i polifenoli (potenti antiossidanti vegetali), gli acidi clorogenici (anch’essi composti fenolici), i diterpeni (presenti in resine e balsami vegetali). E tutti questi hanno proprietà antiossidanti”.