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Malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia

Malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia

Le malattie cardiovascolari (malattie ischemiche del cuore, come l’infarto acuto del miocardio e l’angina pectoris, e le malattie cerebrovascolari, come l’ictus ischemico ed emorragico) sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità in Italia.

Sono in gran parte prevenibili, in quanto riconoscono, accanto a fattori di rischio non modificabili (età, sesso e familiarità), anche fattori modificabili, legati a comportamenti e stili di vita (fumo, consumo di alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà) spesso a loro volta causa di diabete, obesità, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa.

Malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia
Malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia

Ancora oggi è opinione diffusa che le malattie cardiovascolari riguardino soprattutto gli uomini e la grande maggioranza delle donne ha una percezione molto bassa dei pericoli causati da queste patologie.

Le malattie cardiovascolari si presentano nelle donne con un ritardo di almeno 10 anni rispetto agli uomini. Fino alla menopausa le donne sono aiutate dalla protezione ormonale; in seguito, le donne vengono colpite addirittura più degli uomini da eventi cardiovascolari, che spesso sono più gravi, anche se si manifestano con un quadro clinico meno evidente: molte volte, infatti, il dolore manca, è localizzato in altra sede o è confuso con quello derivato da altre patologie. Per questo, generalmente, le donne si recano in ospedale più tardi rispetto agli uomini.

Malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia

Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 35,8% di tutti i decessi (32,5% nei maschi e 38,8% nelle femmine). In particolare, secondo i dati Istat 2017, la cardiopatia ischemica è responsabile del 10,4% di tutte le morti (11,3% nei maschi e 9,6% nelle femmine), mentre gli accidenti cerebrovascolari del 9,2% (7,6% nei maschi e 10,7% nelle femmine).

Cosa fare

Le donne hanno un’aspettativa di vita maggiore, pertanto è bene che inizino a occuparsi della propria salute fin dall’infanzia. È importante, quindi, adottare stili di vita sani, come una corretta alimentazione e una regolare attività fisica.
Un limitato consumo di sale (meno di 5 gr al giorno) associato a una dieta ricca di frutta e verdura, legumi, di alimenti a basso contenuto di grassi animali, come pesce, pollame, con scarsa quantità di carni rosse, formaggi e insaccati, dolci e bevande zuccherine, contribuisce a ridurre la pressione arteriosa a mantenere livelli di colesterolemia ottimali.
Praticare una regolare attività fisica (fare sport, ma soprattutto camminare a passo svelto per almeno 30 minuti al giorno, salire le scale, ballare, preferire i mezzi pubblici e qualsiasi attività che richieda movimento), non fumare ed evitare o limitare il consumo di alcol contribuiscono a ridurre il rischio.

Per approfondire:

* donne fino a 69 anni.

Data ultimo aggiornamento, 22 aprile 2020

Fonte http://www.salute.gov.it/

Intolleranze alimentari, Test 108 alimenti: l’elenco completo

Intolleranze alimentari, Test 108 alimenti: l’elenco completo

Il Test 108 Alimenti è il Test che aiuta a scoprire eventuali intolleranze alimentari.

In particolare, analizza una gamma completa di alimenti, da quelli più comuni come funghi, fragola, uova a quelli più particolari come sesamo, barbabietola, pistacchio, che possono essere responsabili di un’intolleranza alimentare.

Intolleranze alimentari, Test 108 alimenti: l'elenco completo
Intolleranze alimentari, Test 108 alimenti: l’elenco completo

Il Test misura gli anticorpi IgG totali prodotti dal sistema immunitario contro uno o più alimenti specifici tra i 108 testati.

Elenco completo degli alimenti testati

Intolleranza al glutine e ai cereali: Orzo, Gliadina/glutine, Avena, Segale, Farro, Grano, Grano saraceno, Semi di lino, Mais, Miglio, Riso.

Intolleranza a carni bianche e rosse: Manzo, Pollo, Agnello, Maiale, Tacchino.

Intolleranza a ortaggi, tuberi, funghi e legumi: Patata, Pomodoro, Rapa, Zucchine, Carciofo, Asparago, Carota, Sedano, Spinaci, Mix funghi 1, Mix funghi 2, Lattuga, Songino, Fagiolino, Pisello, Melanzana, Barbabietola, Peperone dolce, Broccoli, Semi di soia, Cetriolo, Rafano, Porro, Oliva, Cipolla, Lenticchia, Fagiolo bianco.

Intolleranza a pesce e crostacei: Gamberetto di fiume, Salmone, Tonno, Vongola, Acciuga, Pesce spada, Trota, Sogliola, Merluzzo, Gamberetto.

Intolleranza alla frutta: Limone, Nettarina, Uva (bianca/nera), Mela, Albicocca, Banana, Ciliegia, Cocco, Kiwi, Arancia, Ananas, Fragola, Anguria, Pera, Prugna, Pompelmo, Pesca, Dattero.

Intolleranza alla frutta secca: Nocciola, Arachide, Pistacchio, Sesamo, Semi di girasole, Noce, Mandorla, Anacardo.

Intolleranza alle spezie: Pepe (nero/bianco), Cannella, Timo, Cavolo rosso, Noce moscata, Origano, Prezzemolo, Menta piperita, Seme di papavero, Rosmarino, Vaniglia, Fava di cacao, Aglio, Semi di senape, Peperoncino, Basilico.

Intolleranza al lattosio: Latte di capra, Latte di pecora, Latte di mucca, Yogurt, Formaggio di pecora, Formaggio di capra.

Intolleranza all’uovo: Tuorlo d’uovo, Albume.

Intolleranza al lievito: Lievito di birra, Lievito madre.

Intolleranza al miele: Miele.

Intolleranza a caffeina e teina: Caffè, Tè nero.

In quali casi è consigliato il Test?

Il Test 108 Alimenti è utile in presenza di sintomi riconducibili alle intolleranze alimentari. Tra i principali, dolori addominali, diarrea, vomito, sangue nelle feci, ma anche dermatiti, difficoltà respiratorie, asma, insonnia e emicrania.

Come si esegue il Test Intolleranze Alimentari?

Il Test si esegue con un prelievo di sangue.

Dove fare il Test Intolleranze Alimentari?

Il Test Intolleranze Alimentari può essere effettuato in tutti i Centri Lifebrain. Cerca il Centro Lifebrain più vicino a te!

Cosa sono le intolleranze alimentari?

Le intolleranze alimentari sono reazioni anomale dell’organismo scatenate da un alimento o un suo componente che il corpo non riesce a digerire correttamente e che può causare disturbi ricorrenti e variabili a livello gastrointestinale, dermatologico e respiratorio.

Rischio cardiovascolare, le statine funzionano anche per gli over 75

Rischio cardiovascolare, le statine funzionano anche per gli over 75

Uno studio australiano afferma che le statine riducono il rischio cardiovascolare anche per le persone di età superiore ai 75 anni

Le statine sono tra i farmaci più efficaci per ridurre la colesterolemia totale e LDL. La presenza di colesterolo nel sangue è pesantemente influenzata dalla sua sintesi endogena (80%).

I comuni integratori che vengono utilizzati per abbassare i livelli plasmatici di colesterolo (steroli vegetali, chitosano, glucomannano, ecc.), si basano sul principio della semplice riduzione del suo assorbimento. Le statine invece, agiscono all’origine del problema, limitando la sintesi del colesterolo endogeno.

Rischio cardiovascolare, le statine funzionano anche per gli over 75
Rischio cardiovascolare, le statine funzionano anche per gli over 75

Lo studio coordinato dall’università di Sidney ed i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Lancet afferma che le statine, farmaci anticolesterolo, riducono il rischio cardiovascolare anche per le persone con età superiore ai 75 anni, che quindi dovrebbero continuare ad assumerle.

Lo studio australiano ha visto l’esame dei risultati ottenuti da 28 test clinici randomizzati, che hanno coinvolto circa 187mila pazienti. Fra questi, 15 mila con più di 75 anni.

Gli autori sostengono che per ogni riduzione di una unità del colesterolo ‘cattivo’ grazie alle statine, il rischio di eventi gravi vascolari diminuisce di circa un quinto per tutte le età. Per quanto riguarda le coronarie, il rischio diminuisce del 25%. Nello specifico, l’effetto ottenuto è ancora più evidente rispetto alla fascia di età dai 75 anni in su, 30% contro il 20%, per i pazienti di età compresa fra i 55 e 75 anni.

La riduzione rimane invece uguale per tutte le età, nel caso di ictus e di interventi di introduzione di stent o di bypass coronarici. “Le statine sono un farmaco utile e acessibile per ridurre i rischi di attacchi cardiaci e ictus nei pazienti più anziani – scrivono gli autori -. Nonostante preoccupazioni precedenti non abbiamo trovato effetti avversi sul rischio di cancro o sulla mortalità generale in nessuna fascia d’età”.

In Italia 35mila cause aperte ogni anno contro i medici

In Italia 35mila cause aperte ogni anno contro i medici

Le cause aperte in Italia contro i medici sono ben 300mila: ogni anno se ne aggiungono 35mila ma nel 95% dei casi si concludono con il proscioglimento

Ogni anno sono 35mila le cause aperte nei confronti di medici e strutture sanitarie private e pubbliche, per un totale di azioni legali aperte pari a 300mila.

Secondo i dati del Tribunale del malato relativi al 2015 e quelli della Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari inerenti il 2013, il 95% dei procedimenti per lesioni personali colpose si conclude con un proscioglimento.

In Italia 35mila cause aperte ogni anno contro i medici
In Italia 35mila cause aperte ogni anno contro i medici

I dati sono stati diffusi da Consulcesi, network legale in ambito sanitario, al ministero della Salute. Consulcesi, visto il numero di cause e la percentuale dei proscioglimenti, ha proposto l’istituzione dell’Arbitrato della Salute.

“Il rapporto medico-paziente è in crisi” – ha affermato il Presidente di Consulcesi Massimo Tortorella durante una conferenza stampa tenutasi al ministero della Salute. “Lo dimostra l’escalation di aggressioni e denunce contro i camici bianchi. Nasce per questo la proposta di istituire un luogo di confronto, e non di contrapposizione, per la risoluzione delle controversie” – ha aggiunto Tortorella.

A discutere di Arbitrato della Salute si sono ritrovati i rappresentanti delle istituzioni sanitarie, tra cui il Presidente della Fnomceo Filippo Anelli, quello della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri, il Vicesegretario generale di CittadinanzAttiva Francesca Moccia e la vicepresidente della Fnopi Ausilia Pulimeno.

Obiettivo è la riduzione di tempi e costi delle controversie, cercando di trovare soluzioni condivise e praticabili in condivisione di tutte le parti interessate.

Interessante il dato relativo alla diffusione delle denunce nell’intero Paese. Emerge che al Sud Italia e nelle isole è maggiore rispetto al nord del Paese, 44,5% contro il 32,2% mentre nel centro Italia ci si ferma al 23,2%. Fra le aree più soggette al rischio contenzioso, v’è quella chirurgica con il 45,1% dei casi, materno-infantile (13,8%) e medica (12,1%).

Per quanto riguarda i costi necessari ad intraprendere le azioni legali, partendo da una richiesta risarcitoria media di 100mila euro, per una causa civile servono 50.128 euro, se si tratta di penale, invece, sono necessari 36.901 euro. Sia che si tratti di cause civili, sia di processi penali, le cifre sono da intendersi per ciascuna delle parti coinvolte nel procedimento.

Numeri importanti su cui la Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari sostiene che il 78,2% dei medici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato. Il 68,9% pensa di avere tre probabilità su dieci di subirne; il 65,4% ritiene di subire una pressione indebita nella pratica quotidiana a causa della possibilità di subire un processo.

Mangiare più frutta e verdura fa sentire maggiormente felici

Mangiare più frutta e verdura fa sentire maggiormente felici

Uno studio britannico dimostra che il benessere psico-fisico di un individuo può migliorare consumando più frutta e verdura

Il benessere individuale è l’auspicio di ogni persona, raggiungerlo fa stare bene non solo fisicamente ma anche mentalmente. Uno studio britannico afferma che il consumo di frutta verdura rende più felici ed aggiunge che più se ne mangia e maggiore è il grado di felicità raggiunto. Lo studio, condotto presso le University of Leeds e University of York in Gran Bretagna, è stato pubblicato sulla rivista Social Science and Medicine ed ha visto il coinvolgimento di oltre 45 mila persone.

Mangiare più frutta e verdura ci fa sentire maggiormente felici
Mangiare più frutta e verdura ci fa sentire maggiormente felici

In particolare, gli studiosi hanno analizzato diversi fattori inerenti la vita di un individuo, fra cui dieta, stile di vita, comportamento e stato di salute.

Dallo studio è emerso che il grado di benessere individuale cresce in maniera direttamente proporzionale alla quantità ed alla frequenza del consumo di frutta e verdura.

Si è potuto accertare che la soddisfazione della propria vita vede un enorme miglioramento quando da 5 porzioni consigliate si passa a 10 al giorno, ovvero si raddoppiano.

Per far comprendere il grado di soddisfazione, gli esperti paragonano il miglioramento del benessere individuale ottenuto a quello del passaggio da uno stato di disoccupato a impiegato.

“I nostri risultati forniscono un’ulteriore evidenza che persuadere le persone a consumare più frutta e verdure non solo fa bene alla loro salute fisica nel lungo termine, ma anche al loro benessere mentale nel breve termine”, scrivono gli autori del lavoro.

Anno nuovo, buoni propositi vecchi? I consigli dell’Oms per una dieta efficace

Anno nuovo, buoni propositi vecchi? I consigli dell’Oms per una dieta efficace

Anno nuovo coincide spesso con nuovi buoni propositi che spesso però sono gli stessi di quelli dell’anno precedente e fra questi immancabile è quello di vivere una vita più sana conseguendo una perdita di peso

Dal sale all’alcol, non sarebbero poi così tante le accortezze da seguire per una dieta più sana, lo dice l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Sono, in particolare, cinque le mosse per una dieta sana, da proporsi per il nuovo anno come buon proposito. Ridurre il consumo di sale, di alcuni oli e grassi e limitare il consumo di zucchero ed evitare l’alcol. Ultimo punto, mangiare cibo vario ovvero osservare una dieta bilanciata. Con queste accortezze, secondo l’Oms, potrebbero avere importanti risultati nella lotta a problemi di salute quali obesità, diabete, malattie cardiache.

Anno nuovo, buoni propositi vecchi? I consigli dell’Oms per una dieta efficace
Anno nuovo, buoni propositi vecchi? I consigli dell’Oms per una dieta efficace

E’ importante quindi nutrirsi in maniera bilanciata ovvero mangiare alimenti diversi, come grano, mais, riso, patate, legumi, frutta e verdura fresca e cibo di origine animale (come carne, pesce, uova e latte). In particolare l’Oms, segnala come migliori alimenti i cereali integrali mentre per gli spuntini veloci, si consigliano frutta fresca, verdure crude, arachidi e noci non salate.

L’Oms raccomanda di usare il sale con moderazione, anche perché i dati parlano di un consumo di sale pari al doppio della dose giornaliera raccomandata, che è un cucchiaio di te al giorno. Inoltre le raccomandazioni si estendono anche alla riduzione del consumo di salse e condimenti salati, snack salati. Se si desidera mangiare frutta secca, meglio la variante senza sale e zuccheri aggiunti.

Altro obiettivo da raggiungere per arrivare a una dieta sana è la diminuzione dei grassi, soprattutto quelli trans. L’Oms suggerisce in questo caso di sostituire burro e strutto con olio di semi di soia, canola, mais, cartamo e girasole, mangiare carne bianca e pesce, preferire la cottura al vapore invece delle fritture. Per quanto concerne la riduzione degli zuccheri, spesso nascosti nei cibi e nelle bevande, si raccomanda il consumo limitato di bibite gasate e zuccherate, come succhi di frutta, liquidi o in polvere. Limitazione estesa anche agli energy e sport drink. Zuccheri da evitare per i bambini.

Altro discorso è quello relativo al consumo di alcol, che ovviamente non può far parte di una dieta sana. “Non c’è un livello sicuro per il suo consumo. Per molti, anche basse quantità possono rappresentare un grave rischio per la salute” – afferma l’Oms. Come risaputo, l’alcol va evitato certamente in particolari situazioni, ovvero devono evitarlo le donne incinta, in allattamento. Altri casi che devono evitare l’alcol sono quelle persone che utilizzano macchinari, che hanno problemi di salute o che prendono farmaci che possono interagire con l’alcol.

Colesterolo: dopo infarto o ictus, troppi pazienti lo dimenticano

Colesterolo: dopo infarto o ictus, troppi pazienti lo dimenticano

Il colesterolo è un pericolo spesso troppo dimenticato dopo infarto o ictus, i pazienti che lo tengono sotto controllo sono pochissimi ed il rischio per la salute rimane elevato

Sottovalutare il colesterolo, soprattutto dopo essere stati colti da un infarto o aver avuto problemi cardiovascolari, è un’usanza sbagliata e molto molto diffusa che potrebbe compromettere seriamente la propria salute.

Come afferma Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria, Direttore EEHTA, Università degli Studi, Roma Tor Vergata: “Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 35% delle morti totali. Malattie ischemiche del cuore, cerebrovascolari, ipertensive, altre malattie cardiovascolari occupano le prime 5 posizioni”.

colesterolo
colesterolo

Non solo rischi per la perdita di vite umane ma anche un peso per l’ammontare dei costi sanitari, che nel caso di queste patologie ammontano a circa 21 miliardi di euro l’anno. Basterebbe semplicemente rendere più efficace la prevenzione. Ma come? Prendendo da subito in carico i pazienti interessati da eventi cardiovascolari e attuando interventi specifici basati su una prevenzione di tipo secondario.

Si è notato infatti grazie ad una serie di studi come la riduzione del colesterolo possa determinare un calo di eventi cardiovascolari del 10% al primo anno, del 16% al secondo anno arrivando addirittura al 20% nel terzo anno. “Si stima che in prevenzione secondaria poco meno del 50% dei pazienti raggiungono il target dei livelli di colesterolo C-LDL” – afferma Marcello Arca, Direttore UOS Centro Arteriosclerosi, Centro di riferimento regionale per le malattie rare del metabolismo lipidico, Policlinico Umberto I e Segretario Nazionale SISA -“Possiamo affermare che una terapia inadeguata si riflette negativamente sul controllo dell’ipercolesterolemia con un rischio aumentato di eventi cardiovascolari successivi”.

Fondamentale tenere sotto osservazione i pazienti nell’immediatezza del post dimissioni dalla struttura sanitaria in questione. Se la cura non dovesse essere quella giusta c’è il tempo e il modo di intervenire prontamente e correggerla con una terapia alternativa.

Pasquale Perrone Filardi, Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università “Federico II” di Napoli sottolinea che: “Qui giocano un ruolo determinante le nuove classi di farmaci come gli inibitori di PCSK9. Si tratta di farmaci innovativi dal punto di vista della farmacologia cardiovascolare che hanno dimostrato di ridurre i livelli di colesterolo (anche oltre il 50%), a fronte di un buon profilo di tollerabilità e sicurezza”.

Con la mammografia in 3D, scoperto il 34% di tumori in più

Con la mammografia in 3D, scoperto il 34% di tumori in più

Uno studio svedese effettuato su 15.000 donne ha rivelato che la mammografia in 3D ha consentito di scoprire il 34% dei tumori al seno in più rispetto all’esame tradizionale

La mammografia in 3D è uno strumento che ha consentito in Svezia, di rivelare il 34% dei tumori al seno in più rispetto al tradizionale esame.

Effettuato su un campione di 15.000 donne, lo studio della Lund University e dello Skåne University Hospital di Malmo in Svezia, è stato pubblicato sull’autorevole rivista Lancet Oncology ed ha avuto una durata di cinque anni.

Con la mammografia in 3D, scoperto il 34% di tumori in più
Con la mammografia in 3D, scoperto il 34% di tumori in più

Una numero ragguardevole per poter tirare delle conclusioni importanti in merito alla mammografia in 3D che si differenzia molto dall’esame tradizionale, in cui il tessuto mammario viene catturato in un’unica immagine.

La mammografia in 3D, detta anche tomosintesi, invece cattura diverse immagini a raggi X. Sono estrapolate da diverse angolazioni e vengono ricostruite attraverso un software capace di evidenziare sottili strati del seno. In questo modo le informazioni sono superiori e di gran lunga migliori.

Lo studio svedese, condotto fra il 2010 ed il 2015, conferma inoltre i risultati di un’indagine italiana pubblicata su Radiology.

“Utilizzando l’esame in 3D, il 34% in più di tumori del cancro è stato rilevato rispetto allo screening mammografico standard corrente. Allo stesso tempo, siamo stati in grado di ridurre la compressione del seno durante l’esame, cosa che potrebbe incoraggiare un maggior numero di donne a partecipare allo screening”, ha spiegato Sophia Zackrisson, professore associato presso Lund University.

La mammografia in 3D utilizzata durante lo studio ha permesso di trovare quei tumori aventi caratteristiche più invasive. “La mammografia in 3D è il metodo più appropriato per lo screening del cancro al seno. Quando verrà reso disponibile per tutte le donne è solo una questione di tempi”, afferma Zackrisson. In Italia questo tipo di esame viene effettuato in diversi centri mentre nel Stati Uniti è già utilizzato come screening generalizzato.

In Italia 6 milioni di obesi, il 10 ottobre l’Obesity Day

In Italia 6 milioni di obesi, il 10 ottobre l’Obesity Day

L’obesità colpisce in Italia 6 milioni di persone, ecco il manifesto d’azione dalle Società scientifiche in vista della giornata dell’Obesity Day

6 milioni di italiani obesi e 22 milioni in sovrappeso, per questo le società scientifiche lanciano un messaggio di stop allo stigma sociale del peso e dell’obesità.

Una campagna di sensibilizzazione promossa dall’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) che si pone l’obiettivo di raggiungere interventi urgenti sul tema, contro “la disapprovazione sociale e le discriminazioni a danno di persone con obesità”.

Obesity Day
Obesity Day

Gli esperti rilevano che “le convenzioni sociali e le rappresentazioni mediatiche dell’obesità rafforzano stereotipi della patologia che alimentano lo stigma. È fondamentale che i media, le istituzioni, l’opinione pubblica adeguino il linguaggio e le immagini utilizzati sull’obesità e che ritraggano essa in modo corretto, trattandola per quello che è, cioè una malattia e non un problema estetico”.

In particolare, il presidente della Fondazione Adi Giuseppe Fatati, sottolinea che “l’obesità è una condizione complessa che deriva dall’interazione di fattori genetici, psicologici e ambientali. Da qui la volontà di unirsi in maniera al monito lanciato dalla campagna mondiale del World Obesity Day che dice stop allo stigma del peso, alla colpevolizzazione, al bullismo e alle discriminazioni sociali”.

Si tratta di un’emergenza dunque, alla quale si deve reagire con decisione. Per questo sono scese in campo 10 tra società scientifiche e associazioni di pazienti, le quali sottoscrivendo il Manifesto dell’Italian Obesity Network, intendono tracciare una ‘road map’ di intervento.

A tal proposito, il Manifesto individua 4 azioni urgenti intraprendere per contrastare lo stigma: 1) abbandonare l’uso di immagini negative e linguaggi inappropriati; 2) combattere le discriminazioni sui luoghi di lavoro e il bullismo nelle scuole; 3) attuare politiche governative a favore di un migliore accesso a cibo nutriente riducendo la commercializzazione di opzioni meno sane; 4) instaurare una relazione positiva tra medico e paziente.

A proposito del 10 ottobre, 120 centri di dietetica Adi in tutta Italia e oltre 500 specialisti, si stima che forniranno 15mila consulenze gratuite. Sarà una giornata di vera lotta all’obesità, previsti anche 20 eventi pubblici nelle scuole e nelle piazze delle maggiori città italiane.

Per comprendere il fenomeno dell’obesità è necessario però capire l’importanza delle cifre. Gli esperti infatti, oltre ad evidenziare i numeri relativi agli obesi ed alle persone in sovrappeso in Italia, sottolineano i risultati di alcuni studi, come ad esempio gli anni di vita persi a causa dell’obesità, che ammontano a 94 milioni e i decessi correlati che sono 57mila.

Promuovere una lotta contro l’obesità significa sensibilizzare le persone verso l’opportunità di fare una dieta, ecco quindi il decalogo che è parte integrante della campagna di sensibilizzazione per la prevenzione dell’obesità e del sovrappeso promossa dall’Adi.

Dieci punti fondamentali che corrispondono a 10 modi ed abitudini diverse relative al cibo ed allo stile di vita da condurre. E’ necessario quindi muoversi e seguire un’alimentazione corretta.

Ecco cosa fare.

  1. Fare movimento: basta anche camminare a passo spedito per 3 volte a settimana per almeno 45 minuti di seguito.
  2. Attenzione ai condimenti: usare il cucchiaio come unità di misura dell’olio o intingoli grassi. Non più di 1 per pasto.
  3. Distribuire il cibo nella giornata: fare 4-5 piccoli pasti e una buona prima colazione.
  4. Masticare con calma: per digerire meglio e, soprattutto, restare sazi più a lungo.
  5. Non eliminare i ‘cibi ingrassanti’: sì a pasta, pane e patate ma in porzioni ridotte e conditi semplicemente.
  6. Verdura a volontà ma attenzione alla frutta: si dovrebbero assumere non più di 3-4 frutti al giorno.
  7. L’alcol: limitarlo poiché riduce l’eliminazione dei grassi che l’organismo mette in riserva.
  8. Il pesce: consumarlo almeno due volte alla settimana.
  9. Proporsi obiettivi raggiungibili: è utile per la salute un dimagrimento lento, di circa 500 grammi a settimana, ma prolungato.
  10. Mantenere il dimagrimento: evitare le oscillazioni di peso. Una perdita di peso del 10% rispetto al peso iniziale garantisce un sicuro vantaggio per la salute se viene mantenuto.
Australia primo paese al mondo a debellare il tumore alla cervice

Australia primo paese al mondo a debellare il tumore alla cervice

I programmi di screening e la vaccinazione per l’Hpv hanno contribuito in Australia a debellare il tumore alla cervice

L’Australia è il primo paese al mondo a cancellare il tumore alla cervice. Un risultato per la verità non ancora conseguito definitivamente ma che si raggiungerà nel 2028.

A riferirlo uno studio pubblicato su Lancet Public Health, secondo il quale, grazie a programmi di screening e alla vaccinazione per l’Hpv, l’Australia potrà dire addio a questa forma di tumore.

tumore alla cervice
tumore alla cervice

Questi risultati, ovviamente, è possibile raggiungerli solo se si sono eseguite determinate attività.

Difatti in Australia, i suddetti programmi di prevenzione sono stati attivati già dal 1991 ed il paese risulta essere fra i primi ad adottare la vaccinazione per l’Hpv e ad estenderla a entrambi i sessi, raggiungendo un tasso di copertura del 79% per le ragazze ed il 73% per i ragazzi.

I risultati sono stati conseguiti dopo che i ricercatori dell’Australian Cancer Council hanno elaborato un modello matematico per prevedere, sulla base degli effetti di questi due fattori, l’andamento del numero dei casi.

Le proiezioni dello studio, dicono che nel 2022, il paese farà registrare sei casi ogni 100mila abitanti. Si tratta quindi di un numero basso, tanto da poterlo considerare come ‘tumore raro’. Un dato che scenderà ulteriormente nel 2028, quando il rapporto sarà di 4 casi ogni 100mila abitanti. Nel 2035 si prevede infine, meno di una morte su 100mila nel 2035

Obiettivo raggiungibile, secondo gli esperti, se si manterranno l’alta copertura vaccinale e l’adesione agli screening, così da poter considerare il cancro cervicale eliminato come problema di salute pubblica entro i prossimi 20 anni.

Nel nostro paese, fa sapere l’Airc attraverso il proprio sito, ogni anno si manifestano circa 2.300 nuovi casi prevalentemente in forma iniziale, mentre una donna su 10.000 riceve una diagnosi di tumore della cervice in forma avanzata. Le donne che perdono la vita ogni anno a causa del tumore alla cervice sono 430.

Buonumore con il cambio di stagione: ecco la miniguida alimentare

Buonumore con il cambio di stagione: ecco la miniguida alimentare

Sono 12 gli alimenti che possono aiutare a mantenere alto il buonumore, anche in questo periodo di transizione fra estate e inverno, per molti causa di stress e depressione

Il cambio di stagione può mettere a rischio anche il buonumore, ecco quindi una miniguida che in questo periodo, aiuta molto a tenerlo alto.

La stagione a cavallo fra l’estate e l’autunno può infatti creare momenti caratterizzati da spossatezza, sonnolenza, malinconia e riduzione della produttività e mancanza di energia. Per contrastare questo stato psico-fisico ecco i cibi cosiddetti ‘utili’, ovvero ricchi di vitamine del gruppo B, ferro, zinco, potassio e magnesio.

Cambio di stagione, ecco gli alimenti per mantenere il buonumore
Cambio di stagione, ecco gli alimenti per mantenere il buonumore

Cibi che oltre a ridare energia contribuiscono ad allontanare momenti di stanchezza e depressione. La correlazione fra cibo e umore è infatti riscontrata da tempo e proprio il cibo risulta essere un alimento determinante con un forte potere riequilibrante. Se il latte ad esempio agisce ad attenuare insonnia e nervosismo, la frutta secca è invece ricca di magnesio, un alleato contro la stanchezza fisica e mentale.

Un toccasana per l’umore? L’uva, naturalmente, perché ricca di vitamina D, vitamina E, zinco e Omega 3. Altri alimenti come la pasta, sono ricchi di triptofano, precursore della serotonina, l’ormone che regola l’umore. Anche le banane aiutano in questo senso, perché ricche di potassio e magnesio e contengono anche il cromo, una sostanza che aiuta a regolare la serotonina.

Gli sbalzi di umore invece possono essere regolati da salmone e tonno, ricchi di Omega 3, acidi grassi essenziali agiscono sulla serotonina e sono un vero antidepressivo naturale. Per contrastare malumore e stanchezza, si può ricorrere alla carne di pollo, in quanto ricca di proteine e con pochi grassi ma soprattutto perché contiene la vitamina B6. La bresaola della Valtellina Igp ha proteine, vitamine del gruppo B e sali minerali ed è povera di grassi (2 g per 100 g di prodotto) ed è una buona fonte di triptofano.

Il cibo antidepressivo per eccellenza, che aiuta a ridurre lo stress e che gratifica tanto non solo i più piccoli, è sicuramente il cioccolato. Per contrastare fatica e perdita di energia si può ricorrere allo zinco, che si trova ad esempio nell’avena. A completare la dozzina di alimenti, il miele che ha proprietà antibatteriche e cicatrizzanti e favorisce la calma e le lenticchie, versatili e nutrienti, con ferro, potassio e fosforo.

Vaccini, Grillo: obbligatorio morbillo, non esavalente

Vaccini, Grillo: obbligatorio morbillo, non esavalente

Il ministro della Salute Giulia Grillo durante la trasmissione “L’Aria che Tira” su La7: “Noi non siamo contro i vaccini, ma per obbligo ove necessario”

“Noi non siamo contro i vaccini” ma per “utilizzare lo strumento dell’obbligo in maniera intelligente, obbligando i cittadini laddove è necessario, sicuramente per il morbillo. A differenza di altre patologie, dove è sufficiente la raccomandazione, come fanno altri Paesi, ad esempio per l’esavalente”. Lo ha spiegato la ministra Giulia Grillo durante un suo intervento a “L’Aria che Tira” su La7 nei giorni scorsi.

Ministro Giulia Grillo
Ministro Giulia Grillo

La ministra ha sottolineato: “Noi ci siamo opposti al decreto Lorenzin, non perché siamo contro ai vaccini, su questo qualcuno ha fatto un pò di confusione ma – ha ribadito – siamo favorevoli ai vaccini”.

“L’obbligo vaccinale è sufficiente solo per il morbillo” – ha specificato la Grillo, mentre “per altre patologie è sufficiente la raccomandazione, per esempio per l’esavalente. Su quegli altri vaccini, anche obbligatori prima del decreto Lorenzin ma ‘in forma leggera’ è possibile secondo noi, tornare a un pre-Lorenzin. Mantenendo però alta l’attenzione sul morbillo, che è il vero problema di questo Paese”.

Il morbillo infatti rappresenta una delle malattie infettive che più ha preoccupato la Ue negli ultimi anni. Sono tanti i Paesi che hanno fatto registrare picchi importanti di morbillo, fra questi anche l’Italia. Dal primo agosto 2017 al 31 luglio 2018, le persone contagiate sono state oltre 14mila. In particolare, in Grecia si sono registrati 3.224 casi, in Italia 2.873, in Francia 2.794 mentre nel Regno Unito si sono ammalati di morbillo 1.724 persone. Nello stesso periodo le persone decedute per cause dirette o riconducibili al morbillo sono state 37, di cui 25 in Romania e 5 in Italia.

Sempre durante la trasmissione su La7, la ministra ha parlato anche di droghe leggere, dichiarandosi “favorevole alla liberalizzazione delle droghe leggere”, specificando che “non è un punto contenuto nel contratto di governo e al momento non è nemmeno un argomento di cui si sta discutendo in Parlamento”.

La Grillo ha aggiunto di essere favorevole anche alla cannabis terapeutica. “Ci sono grandi vantaggi per i malati che la usano. Purtroppo, però, la produzione non è sufficiente a soddisfare le richieste e stiamo lavorando per risolvere questo problema”.

Allergie, ne soffre un italiano su 4: proposto tavolo tecnico

Allergie, ne soffre un italiano su 4: proposto tavolo tecnico

Un italiano su quattro è allergico, la metà dei pazienti viene curato male, per questo motivo gli allergologi propongono tavolo tecnico al ministero della Salute

Un italiano su quattro soffre di allergie, un problema molto serio che rappresenta un’epidemia sottovalutata e spesso banalizzata perché la metà delle persone che ne soffrono non riceve né diagnosi né terapie adeguate.

L’allarme sulla situazione italiana è stato lanciato dall’Aaiito, Associazione Allergologi ed Immunologi Italiani Territoriali ed Ospedalieri, la quale chiede l’istituzione di tavolo tecnico al Ministero della Salute con obiettivo la trattazione della prevenzione e della gestione delle allergie.

allergia
allergia

Sono infatti 12 milioni gli italiani coinvolti, che soffrono di allergie respiratorie, quali asma e rinite allergica. Altri tipi di allergie sono quelle alimentari, ne soffrono il 3-4% della popolazione adulta ed il 10% fra bambini e ragazzi. Le allergie da veleno di imenotteri fanno totalizzare circa 5 milioni di italiani punti annualmente, di questi da 1 a 8 su 100 sviluppano reazioni allergiche. Il 7% della popolazione ed oltre il 20% delle persone in ospedale, soffre invece di allergie da farmaci.

La proposta di Aaiito, rivolta a Allergie Onlus, Società Italiana di Medicina Generale ed a Federasma, è quella di unire le forze e fare fronte comune, onde aprire un confronto istituzionale con il Ministero della Salute e con le componenti parlamentari. E’ necessario infatti analizzare ed affrontare le criticità e soprattutto la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.

A tal proposito sono quattro le proposte: 1) definire un modello per le reti cliniche, con ambulatori di primo livello ed eventuale invio al secondo livello; 2) affrontare il problema dell’accesso ai centri di allergologia, rendendolo più agevole e riducendo le differenze regionali e razionalizzando il numero e la distribuzione; 3) rendere gratuite le principali terapie in tutta Italia, riconoscendo la cronicità delle malattie allergiche e la natura salvavita di alcune (come l’immunoterapia specifica per veleno di imenotteri); 4) studiare strategie e piani atti per favorire la diagnosi precoce.

Tuttavia la situazione italiana sull’allergologia è molto critica poiché a fronte di 15 milioni di persone circa coinvolte da problemi di allergia, sussistono in Italia soltanto 13 strutture complesse (al di sotto dello standard minimo di 1 struttura complessa per ogni 2 milioni di abitanti) e 58 strutture semplici.

Sul territorio invece, vi sono 150 allergologi titolari di specialistica ambulatoriale mentre un altro dato importante e su cui riflettere riguarda i 180 laureati medici specializzati in allergologia negli ultimi 5 anni, più più del 50% non riesce a trovare lavoro nelle strutture di allergologia.

Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza

Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza

Uno studio basato sui dati di diverse agenzie internazionali rivela che l’Italia è quarta al mondo per efficienza nella spesa sanitaria, in Europa infatti è dietro soltanto alla Spagna

Quarta al mondo per efficienza della spesa sanitaria. E’ questo il responso di uno studio che ha riguardato i dati prodotti da diverse agenzie internazionali, per l’anno 2015.

Ad affermarlo, uno studio secondo il quale, in questa speciale classifica il nostro paese è salito di due posti rispetto allo scorso anno. L’Italia è infatti quarta, alle spalle di Hong Kong, Singapore e Spagna.

Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza
Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza

Lo studio si caratterizza dall’analisi dei dati prodotti nel 2015 da diverse agenzie internazionali, dall’Oms al Fmi, dati che si riferiscono in particolare a quei paesi ove si registra un’aspettativa di vita di almeno 70 anni di età, un Pil pro capite che supera i 5mila dollari l’anno e una popolazione minima di 5 milioni di persone.

Spagna e Italia hanno totalizzato punteggi molto vicini, tuttavia molto distanti dalle prime della classe Hong Kong e Singapore le quali hanno una minore spesa sanitaria rispetto al Pil con una aspettativa di vita paragonabile alla nostra.

Fra i paesi che invece mostrano un’importante flessione dovuta anche al peggioramento dell’aspettativa di vita, vi sono la Gran Bretagna che è uscita dalle prime dieci e soprattutto gli USA, scesi sino al 54° posto.

Gli Stati Uniti infatti, seppure presentano la seconda spesa procapite per la sanità hanno un’aspettativa di vita di 76 anni, sei meno dei paesi più avanzati.

Si fa notare invece la Thailandia, che come segnala il rapporto, ha scalato la classifica passando dal 41° posto al 27°. Ciò è dovuto al fatto che la spesa procapite è scesa del 40% mentre l’aspettativa di vita è aumentata. Il turismo medico è fra le industrie thailandesi che stanno crescendo di più″.

Sedentarietà, c’è un modo per limitarne i danni

Sedentarietà, c’è un modo per limitarne i danni

Limitare i danni dovuti alla sedentarietà è possibile attraverso un modo molto semplice da seguire nell’arco dell’intera giornata

Per limitare i danni della sedentarietà è sufficiente alzarsi dalla sedia ogni mezz’ora e per circa due minuti. A riferirlo uno studio del gruppo di ricerca canadese-neozelandese coordinato da Meredith C. Peddie dall’Università di Otago (Nuova Zelanda), pubblicato sulla rivista Sports Medicine.

Sedentarietà, c'è un modo per limitarne i danni
Sedentarietà, c’è un modo per limitarne i danni

Secondo gli studiosi “Dovremmo tutti impegnarci a stare meno seduti e a muoverci di più” e ciò può combaciare anche con piccole accortezze, come alzarsi per due minuti soltanto dalla sedia e camminare.

Piccole interruzioni che consentono di ridurre i livelli ematici di glucosio e quelli dell’insulina contribuendo a prevenire il diabete di tipo 2 e a restare in salute.

Per arrivare a queste conclusioni, gli autori dello studio hanno esaminato i risultati di 44 indagini internazionali che avevano indagato gli effetti metabolici e vascolari della sedentarietà prolungata in contrapposizione alla sua interruzione.

I circa due minuti di interruzione della sedentarietà ogni mezz’ora durante la giornata potrebbero infatti contribuire ad abbassare le concentrazioni di zucchero nel sangue e quelle dell’insulina fino a nove ore dopo un pasto nonché potrebbero ridursi anche i livelli dei trigliceridi nel flusso sanguigno.

Tuttavia quest’ultimo effetto, si andrebbe a manifestare soltanto dopo 12-16 ore dall’inizio dell’attività. Inoltre, gli scienziati hanno appurato che la riduzione dei livelli dello zucchero, dei trigliceridi e dell’insulina non era riconducibile e dunque influenzata, dall’intensità dell’attività svolta, dai cibi consumati, dall’età o dal peso corporeo.

“La maggior parte delle persone trascorre circa il 75% della giornata seduta o svolgendo attività sedentarie, e questo comportamento risulta collegato a un aumento dei tassi di diabete, malattie cardiovascolari, alcuni forme di cancro e alla mortalità in generale. Dovremmo tutti cercare di trovare un modo per evitare di restare seduti per lunghi periodi, e aumentare la quantità di movimento svolta durante l’intera giornata” – spiega la dottoressa Peddie.

Ministro Grillo: allo studio riduzione ticket e liste di attesa

Ministro Grillo: allo studio riduzione ticket e liste di attesa

Il Sistema Sanitario Nazionale italiano è un modello, ha sostenuto il Ministro Giulia Grillo, la quale ha aggiunto che è allo studio la riduzione ticket e delle liste di attesa

Giulia Grillo, Ministro della Salute, è intervenuta a Roma, al summit dell’Organizzazione mondiale della Sanità Europa. La ministra ha parlato della sanità italiana, come di un “modello universalistico e di eccellenza che resta un esempio anche in Europa”.

La sanità italiana vuole restare “di eccellenza e universalistica”, malgrado “per anni si è proceduto, a causa della crisi, a politiche di tagli severi, in molti casi solo lineari. È facile tagliare ma è più difficile operare in modo mirato ed oggi la sanità in Italia si trova a vivere in una situazione con troppe disuguaglianze e con luci ed ombre”.

Ministro Giulia Grillo
Ministro Giulia Grillo

Giulia Grillo ha aggiunto: “E’ nostra responsabilità che resti tale assicurando ai cittadini le prestazioni a prescindere dal reddito e dalla collocazione geografica”.

“Vogliamo restare un soggetto attivo nelle politiche sanitarie a fianco dell’Oms ed in prima fila per raccogliere vecchie e nuove sfide” – ha detto la ministra che inoltre è ritornata sulla notizia di qualche giorno fa, relativa al costo dei ticket sanitari, volendosi impegnare per il “rilancio del servizio pubblico attraverso la riduzione dei ticket e la diminuzione delle liste di attesa sia per le visite che per le cure diagnostiche ha detto la ministra”.

Il Ministro ha toccato anche l’argomento dei tagli nella sanità, che hanno causato alcune disfunzioni legate anche alla mancanza di personale sanitario specialistico. “Nonostante ciò, le cure sono sempre state assicurate grazie all’impegno del personale che qui voglio ringraziare” – ha detto.

E’ un gap che il ministro ha detto di voler colmare al più presto, difatti ha affermato “Non è possibile che per le cure, ad esempio, i cittadini debbano aspettare tempi lunghissimi. Non sto parlando di un libro dei sogni, ma di un lavoro che abbiamo già cominciato attraverso un confronto con le parti in causa” – ha concluso il Ministro.

Olio extravergine di oliva rilascia una proteina proteggi-cuore

Olio extravergine di oliva rilascia una proteina proteggi-cuore

E’ stato scoperto in Canada il segreto dell’olio extravergine di oliva: rilascia una proteina, che nel sangue impedisce la formazione di trombi e contribuisce ad evitare ictus e infarto

Finalmente è stato individuato il motivo per il quale l’olio extravergine di oliva fa bene al cuore ed in generale, alla salute cardiovascolare: è in grado infatti, di aumentare la ApoA-IV, una proteina del sangue che tiene sotto controllo le piastrine, le cellule che servono a evitare emorragie.

Olio extravergine di oliva
Olio extravergine di oliva

Cellule che però nel caso di un’aggregazione impropria, comportano la possibilità di incorrere in trombi, ovvero al blocco della circolazione del sangue e quindi anche all’infarto o all’ictus.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications, rivela come livelli di ApoA-IV nel sangue aumentano con l’ingestione di cibi che contengono grassi insaturi come, appunto, l’olio extra-vergine.

Gli esperti del St. Michael’s Hospital di Toronto hanno quindi dimostrato come la ApoA-IV riduce la capacità delle piastrine di aggregarsi e formare pericolosi trombi che occludono le arterie.

In particolare, gli studiosi hanno scoperto l’esatto meccanismo con cui la molecola si lega a un recettore sulle piastrine impedendo loro di aggregarsi.

L’importanza della scoperta sta anche nel fatto che questo meccanismo è risultato essere protettivo contro la formazione delle placche di arterosclerosi, essendo anche questo processo strettamente legato alla formazione delle piastrine.

Secondo i ricercatori, con le nuove conoscenze acquisite attraverso le funzionalità della proteina ApoA-IV, presto si potrà giungere alla determinazione di nuove preventive e protettive per la salute cardiovascolare.

Farmaci, in 10 anni le sperimentazioni in Italia diminuite del 40%

Farmaci, in 10 anni le sperimentazioni in Italia diminuite del 40%

Le sperimentazioni dei farmaci sono calate in Italia del 40% e del 15% in un anno mentre crescono quelle relative alle malattie rare

E’ stato pubblicato di recente il Rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) sulle sperimentazioni dei medicinali in Italia, dal quale risulta una diminuzione del 15% in un anno e di circa il 40% in 10 anni.

farmaci
farmaci

Lo scorso anno si sono registrate 564 sperimentazioni di farmaci contro le 660 del 2016 e le 880 del 2008. Dati emersi dal 17° Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei medicinali pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).

Seppur diminuite, la percentuale delle sperimentazioni condotte in Italia rispetto al resto d’Europa resta stabile e pari a circa il 18% rispetto al 20% dell’anno precedente.

Il calo però, potrebbe essere dovuto in parte a una contrazione delle sperimentazioni globali o europee, che in alcuni casi sono multicentriche e includono anche il nostro Paese.

Altro fattore da considerare è che il dato potrebbe essere alterato dall’uso sempre più diffuso di trial (*) ‘complessi’, che racchiudono in una singola application due o anche più trial, che in passato sarebbero stati presentati come individuali.

La metà delle sperimentazioni in Italia riguarda farmaci contro il cancro ma crescono soprattutto i trial per farmaci per la cura di malattie rare, che rappresentano un quarto del totale, ovvero il 25,5%. Nel 2016 si era fermato invece al 24,8%.

Aumentano anche le sperimentazioni no profit che nel 2017 sono arrivate a quote 26,4%. Anche la ricerca indipendente ha fatto registrare un aumento delle sperimentazioni, passate dalle 343 del 2016 alle 428 del 2017.

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

I diabetici corrono un rischio maggiore di sviluppare il cancro.

Il pericolo è superiore per le donne. A sostenerlo è uno studio pubblicato su “Diabetologia”, condotto da Sanne Peters del George Institute for Global Health in collaborazione con l’Università di New South Wales di Sydney e l’Università di Oxford.

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne
Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

Nello specifico sono stati effettuate delle maxi revisioni su ben 47 ricerche pubblicate in merito, fino a superare quota 20 milioni di individui coinvolti nel processo di ricerca. Secondo lo studio, dei soggetti analizzati, le donne malate di diabete correvano un rischio maggiore del 27% di sviluppare un cancro rispetto alle donne non affette dalla patologia. Per gli uomini, il rischio era del 19%.

In merito si è espresso anche Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia: “Occorre avere ben chiara la potenziale gravità del diabete, che oggi possiamo prevenire e curare in maniera molto più efficace che in passato. La condizione necessaria però è che vengano implementati i modelli organizzativi di gestione della malattia”.

Il diabete colpisce oltre 415 milioni di persone nel mondo, con 5 milioni di decessi l’anno. In Italia sono più di 3,5 milioni le persone colpite dalla malattia. La correlazione con il cancro era stata indicata già in passato, ma ora tali statistiche aiutano a comprendere la gravità della situazione. Il legame potrebbe essere dato dagli sbalzi glicemici, che potrebbero generare dei danni al Dna cellulare, predisponendo di conseguenza l’organismo al tumore.

“E’ possibile che le donne rischino di più – spiega Peters – perché restano più a lungo in una condizione di ‘pre-diabete’, ovvero di ridotta tolleranza al glucosio (almeno due anni di più rispetto ai maschi che invece manifestano il diabete molto più in fretta). Inoltre le donne con la malattia, continua Peters, sono trattate meno dei maschi, ricevono meno terapie farmacologiche anche quando manifestano i sintomi del diabete e questo potrebbe avere ricadute sul rischio di tumori”.

Procreazione Medicalmente Assistita: in Italia in 10 anni, 100mila nati

Procreazione Medicalmente Assistita: in Italia in 10 anni, 100mila nati

Risale a 40 anni fa la prima Procreazione Medicalmente Assistita in Italia, negli ultimi 10 anni ha dato vita a 100 mila bambini

100 mila bambini in dieci anni, sono i bambini nati in Italia grazie alla Procreazione Medicalmente Assistita (pma). Nonostante ciò, sono ancora troppo poche le coppie infertili, che ancor prima di intraprendere questo cammino, si rivolgono a un andrologo, per l’esattezza una su quattro.

Procreazione Medicalmente Assistita
Procreazione Medicalmente Assistita

Dati diffusi dalla Società Italiana di Andrologia (SIA), durante il compleanno di Louise Brown, la prima bambina venuta al mondo dopo essere stata concepita in provetta.
I centri di medicina della riproduzione italiani hanno registrato dal 2005 al 2015, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), oltre mezzo milione di procedure di fertilizzazione in vitro, da cui sono nati oltre 100 mila bimbi.

Nonostante ciò, la probabilità di riuscita delle procedure di procreazione medicalmente assistita è ancora inferiore al 50%. Se un figlio non arriva, l’attenzione si sposta sulla donna quando invece la ripartizione del problema è al 50% fra maschi e femmine. Nel caso sia il maschio ad avere problemi, un’adeguata prevenzione o specifiche terapie possono portare alla soluzione del problema.

Rimane però il problema sul maschio, perchè solo 60 mila delle coppie sulle 250 mila con problemi di fertilità ‘ricordano’ di fare diagnosi e cura di lui, ovvero una su 4.

“L’infertilità maschile è raddoppiata negli ultimi 30 anni e il fattore maschile è sovrapponibile a quello femminile, tanto che si stimano circa 2 milioni di italiani ipo-fertili. Ciò nonostante, mentre a volte, ci si accanisce nell’individuazione e trattamento delle cause femminili, spesso si tralascia del tutto l’altra metà della coppia” – spiega Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore dell’Università Federico II di Napoli.

La pma può essere evitata, in almeno 8 mila casi ogni anno o almeno si potrebbe ridurre del 50%. Basterebbe infatti eseguire interventi poco complessi e costosi, come ad esempio la correzione del varicocele, la cura di infiammazioni urogenitali, l’uso di terapie ormonali o di molecole antiossidanti.

Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue

Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue

Un’indagine di Cittadinanzattiva mette in evidenza il grande problema dell’assunzione dei farmaci, che nell’Unione Europea è causa di 195.000 decessi, con un farmaco su due assunti in maniera non corretta

Le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sono impietose riguardo l’assunzione dei farmaci: dal 30% al 50% dei farmaci prescritti non sono assunti come dovrebbero. Nell’Unione Europea, sarebbero 194.500 i decessi causati da errori nell’assunzione dei farmaci, per un’ammontare della spesa pari a 125 miliardi di euro ogni anno.

Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue
Un farmaco su due è assunto male, 195.000 morti in Ue

Se da una parte, il problema è maggiormente sentito da malati cronici e che assumono più medicinali, dall’altra, le regioni non effettuano una corretta informazione in merito ed il paziente non è supportato a dovere. E’ quanto evidenzia Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, dopo aver effettuato un’analisi sull’aderenza terapeutica.

Il paziente può non assumere correttamente i farmaci per diversi motivi, fra questi la compresenza di più malattie croniche, la frustrazione nel non percepire benefici dalle cure e la scarsa comprensione sulla terapia da seguire. Su questi tre punti però si può migliorare, così come emerge dall’indagine eseguita con il contributo non condizionato di Servier, attraverso un questionario rivolto agli Assessorati alla salute e operatori sanitari.

13 le Regioni che hanno risposto ai questionari, puntando di più sui medici di famiglia, specialisti, farmacisti e infine sugli infermieri. Inoltre emerge che nessuna delle 13 regioni ritiene di puntare sul care-giver familiare e professionale, come ad esempio le badanti. In questo senso, soltanto Friuli Venezia Giulia, Molise e Trento stanno investendo sul ruolo delle associazioni di pazienti.

Intanto, la poca informazione fa il suo cattivo gioco, sarebbe importantissimo incentivarla e non solo con brochure e tutorial ma anche con campagne pubblicitarie vere e proprie. Sono 8 le raccomandazioni del Tribunale per i diritti del malato, fra cui “dare tempestiva attuazione al Piano Nazionale della Cronicità”, “perché chiarisce bene come, oltre a intervenire sull’appropriatezza prescrittiva, le regioni devono creare soluzioni organizzative che favoriscano l’adesione alle prescrizioni” come ha spiegato il coordinatore nazionale Tonino Aceti.

Epatite C, uno screening generale migliora l’aspettativa di vita

Epatite C, uno screening generale migliora l’aspettativa di vita

I controlli mirati hanno una loro funzione ma agiscono solo con un rapido trattamento, lo screening generale può far sperare a una migliore aspettativa di vita

Risparmiare risorse e migliorare l’aspettativa di vita nelle persone colpite da Epatite C si può con uno screening generale. Rispetto lo screening mirato il percorso di quello generale risulta più efficiente, perchè quello mirato coinvolge soltanto alcune categorie di persone.

epatite C
epatite C

E’ quanto afferma, in sintesi, una ricerca condotta dalle Università Paris Diderot e Paris 13 oltre che dell’Inserm, l’Istituto nazionale francese per la salute e la ricerca medica, pubblicata sul Journal of Hepatology.

Lo screening generale aiuta nell’azione di prevenzione, basti pensare che nel 2014, in Francia, dove è stata condotta la ricerca, sono state circa 75mila le persone tra i 18 e gli 80 anni colpite dal virus dell’epatite C, senza che le stesse fossero a conoscenza della loro condizione.

Gli studiosi hanno sperimentato un modello analitico basato su una combinazione di dati e di caratteristiche delle persone infette. Lo stesso ha fatto emergere come lo screening generale sia legato a una migliore aspettativa di vita rispetto a quello mirato. In particolare, quest’ultimo offre maggiori probabilità di risultati se i pazienti che vengono sottoposti al test, vengono trattati rapidamente dopo la diagnosi.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel 2016 si contavano 80 milioni le persone affette da epatite C e per questa patologia, sempre nello stesso anno, sono stati 700mila i decessi.

Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria

Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria

Un campanello d’allarme per tutti gli alimenti surgelati: tanti quelli che negli ultimi tempi sono stati contaminati da un batterio molto pericoloso.

Fa parte di una famiglia il cui nome in gergo scientifico è listeria monocytogenes e può appunto provocare la listeria. Il rischio è contrarre una forte intossicazione, nei casi più gravi si può arrivare anche al decesso. L’allarme sta interessando tutta Europa e in Italia, recentemente, sono stati ritirati prontamente dal mercato alcuni lotti di minestroni Findus e di prodotti marchiati Feshona.

Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria
Alimenti contaminati: ecco come evitare il rischio listeria

La trasmissione del batterio può avvenire infatti attraverso il consumo del cibo contaminato o in altri casi tramite il contatto con le persone o gli animali infetti. Sia il Ministero della Salute che la Coldiretti hanno cercato di tenere a bada l’isteria diffusa dei consumatori predicando calma.

Come primo accorgimento da seguire per evitare particolari rischi arriva l’invito de l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha consigliato di abbassare a meno di 5 gradi la temperatura dei frigoriferi per evitare e limitare la crescita dei batteri interessati.

Ma, i punti da seguire per scongiurare ogni possibilità di contaminazione sono 8, ve li elenchiamo nell’ordine:

  • Lavare per bene frutta e verdura prima di consumarla
  • Cuocere sempre il cibo, in quanto il calore uccide il batterio
  • Conservare sempre in frigo gli alimenti freschi
  • Non mangiare carne cruda, prodotti affumicati e formaggi prodotti con latte pastorizzato
  • Riporre il cibo in appositi contenitori chiusi
  • Pulire e disinfettare spesso il frigo e il congelatore
  • Non scongelare sotto l’acqua calda gli alimenti
  • Non mangiare alimenti dopo la data di scadenza
In spiaggia, ecco cosa mangiare e bere per resistere al caldo

In spiaggia, ecco cosa mangiare e bere per resistere al caldo

Prestare attenzione all’alimentazione sulla spiaggia, specie quando si vuole trascorrere intere giornate, è importante per nutrirsi e idratarsi in maniera adeguata

Cibi leggeri e nutrienti nella borsa frigo, tanta acqua evitando l’alcol, sono le basi principali per resistere intere giornate sulla spiaggia perchè non è sufficiente prestare attenzione soltanto al sole ed alle scottature ma è necessario seguire un’attenta alimentazione.

anguria
anguria

A dare una mano in tal senso è una lista che contiene tutti gli accorgimenti da adottare per nutrirsi e idratarsi in maniera adeguata quando si fa vita da spiaggia, stilata dalla nutrizionista Isabel Maples, portavoce della Academy of Nutrition and Dietetics in Usa.

Ecco quindi il menù corretto, bevande incluse, per reintegrare l’energia risucchiata da sole e bagni. Per prima cosa, è necessario munirsi di una borsa frigo che va tenuta all’ombra e magari anche sotto un’asciugamano.

All’interno tanto frutta, perchè ricca di acqua, come l’anguria. Poi un’insalata a base di feta, un formaggio proteico e una ricarica di sodio per reagire alla sudorazione che non risparmia nessuno al mare.

Per il tanto amato spuntino nutriente, spiega la nutrizionista, meglio prediligere un kebab vegetariano con formaggio, cetrioli, insalata e pomodori o con humus, ricco di proteine, che si può preparare anche usando delle ciotole monoporzione. Altro alimento consigliato è l’insalata con i cereali integrali e legumi come farro o quinoa, semi e frutta secca.

In particolare, la frutta secca può anche divenire l’ingrediente principe di un ottimo spuntino. Se invece si vuole evitare lo spuntino, si consiglia molto più semplicemente, un pacchetto di cracker integrali, ricchi di fibre che tengono a bada la fame.

La nutrizionista statunitense, per quanto concerne le bevande, predilige l’acqua o al più i succhi rigorosamente al 100% di frutta. Da evitare invece le bibite e gli alcolici, che agiscono disidratando e offrendo solo una falsa sensazione di domare la sete.

E’ possibile individuare la leucemia grazie ad un semplice test del sangue

E’ possibile individuare la leucemia grazie ad un semplice test del sangue

Un test del sangue per predire il rischio di leucemia anni prima che il cancro si manifesti. La prospettiva si apre grazie a uno studio, pubblicato su ‘Nature’, che ha scoperto alcuni cambiamenti genetici già presenti nei sani, ma indizio di un’alta probabilità di sviluppare in futuro la forma mieloide acuta del tumore ematologico.

La scoperta è frutto di una collaborazione internazionale coordinata da scienziati del Wellcome Sanger Institute e dell’European Bioinformatics Institute (EMBL-EBI) e si è basato su dati dello studio EPIC, uno degli studi più ampi mai intrapresi.

La leucemia mieloide acuta (LMA) è una malattia che si sviluppa a partire dal midollo osseo e che progredisce velocemente. Colpisce i “precursori” delle cellule del sangue presenti nel midollo che servono a formare globuli bianchi, globuli rossi, o piastrine. Proprio perché colpisce i precursori delle cellule del sangue, la LMA causa anemia, un basso numero di piastrine e aumento o diminuzione dei globuli bianchi, quindi mette a rischio tra le altre cose di emorragie e infezioni.

Per risalire alle radici della leucemia mieloide acuta, gli autori hanno attinto allo studio ‘Epic’ in corso dal 1992 sui legami fra cancro e alimentazione. Poiché nel tempo alcuni dei partecipanti arruolati si sono ammalati di Aml, analizzando i loro campioni di sangue precedentemente prelevati e stoccati, gli scienziati hanno provato a capire se esistevano ‘spie genetiche’ pretumorali, presenti e riconoscibili anni prima che la patologia insorgesse. Confrontando i sequenziamenti di Dna effettuati sul materiale proveniente da 124 pazienti che avevano sviluppato la leucemia con quelli da 676 persone non colpite, l’équipe ha così scoperto che molti fra coloro che successivamente si sono ammalati di Aml mostravano particolari alterazioni che li distinguevano dagli altri.

“Il nostro studio – dichiara uno degli autori George Vassiliou di Cambridge – fornisce per la prima volta la prova che è possibile individuare persone a rischio di sviluppare la leucemia mieloide acuta anni prima dell’esordio della malattia. Speriamo di sviluppare test di screening affidabili per identificare le persone a rischio ed orientare la ricerca per prevenire o rallentare la progressione di questo male. La nostra aspirazione è che un giorno la prevenzione di questa leucemia diventi un’alternativa efficace al trattamento della malattia stessa”.

La psicoterapia nuovo rimedio per combattere l’acufene cronico

La psicoterapia nuovo rimedio per combattere l’acufene cronico

Fischi cosiddetti ‘fantasma’, rumori e dolori cronici all’orecchio: in molti casi la causa dell’acufene cronica è considerata ignota, ragion per cui le cure risultano spesso insoddisfacenti.

C’è un nuovo studio, che propone un approccio totalmente diverso alla risoluzione del problema, ed è quello condotto dai ricercatori dell’Università inglese di Bath che hanno selezionato 182 pazienti con acufene cronico e doloroso da una clinica specializzata per poi pubblicare i risultati dell’analisi sulla rivista scientifica Ear and Hearing.

Dopo un attento ed approfondito esame sulle cartelle cliniche dei soggetti selezionati i volontari hanno completato un programma di terapia cognitiva basata sulla consapevolezza (MBCT) di otto settimane. Le misure relative al disagio psicologico correlato all’acufene sono state annotate prima dell’intervento, dopo l’intervento e dopo un follow-up di sei settimane.

Al termine dell’operazione è stato evidenziato come nel 50% dei casi siano stati rilevati dei sensibili miglioramenti nei disagi arrecati dall’acufene. Allo stesso tempo è aumentata esponenzialmente l’accettazione da parte dei pazienti dell’acufene e della consapevolezza del problema. Ad oggi sono circa 3 milioni gli italiani a soffrire di un disturbo del genere. Fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni martellano nelle orecchie, a volume variabile. In pratica non si è mai in silenzio. Non viene classificata come malattia, ma crea comunque problemi e stress.

Di conseguenza ne risente pesantemente anche la qualità del sonno che risulta insoddisfacente dal momento che il cervello dedica maggiore attenzione sul fastidioso fischio che accompagna ogni momento del giorno e della notte, con l’effetto paradossale di peggiorare la concentrazione.

Troppi caffè fanno male? Nient’affatto, possono allungare la vita

Troppi caffè fanno male? Nient’affatto, possono allungare la vita

Un altro falso mito pronto ad essere sfatato, quello sul caffè e sui rischi che ne derivano dal consumarne in abbondanti quantità.

Potrebbe non essere così, anzi. Uno studio pubblicato da Lancet Internal Medicine ed effettuato da i ricercatori dello U.S. National Cancer Institute dimostra come i caffeinomani possano trarre benefici dal loro vizio. Sono stati messi sotto esame 500 mila cittadini britannici, un terzo di questi beveva abitualmente due o tre caffè al giorno, altri 10 mila arrivavano anche a quota otto, agli stessi è stato poi effettuato un test genetico.

L’età media dei soggetti analizzati era compresa tra i 40 e i 69 anni, lo studio è durato in totale 10 anni, periodo nel quale sono morti circa 15 mila partecipanti. Ebbene, in conclusione il risultato ha evidenziato come tra queste persone la mortalità sia calata del 12%. Non vi è molta differenza tra consumatori di caffè più sfrenati e quelli più moderati, perchè gli stessi benefici sono stati riscontrati anche in chi ha la variante del Dna che rende più lento il metabolismo della caffeina.

“Non è chiaro come il caffè possa influire sulla longevità – spiegano gli autori – questa bevanda contiene oltre mille composti, inclusi molti antiossidanti, che potrebbero proteggere le cellule”. Non è quindi la caffeina a fare la differenza, considerando che ricerche simili effettuate in passato hanno dimostrato che gli stessi effetti siano stati riscontrati in soggetti che bevevano esclusivamente decaffeinato.

Proprio l’anno scorso infatti Marc Gunter, epidemiologo dell’International Agency for Research on Cancer, aveva condotto uno studio su una delle bevande più consumate al mondo. Lo studioso si esprimeva così sulle sostanze benefiche contenute nel caffè: “Il caffè contiene numerosi composti, come i polifenoli (potenti antiossidanti vegetali), gli acidi clorogenici (anch’essi composti fenolici), i diterpeni (presenti in resine e balsami vegetali). E tutti questi hanno proprietà antiossidanti”.

Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità

Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità

L’Italia è in anticipo sugli obiettivi dell’OMS di diminuzione della mortalità dovuta a epatite C, con una previsione di – 65% entro il 2022

Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità
Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità

L’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva indicato il 2030, come l’anno dell’eliminazione del virus, procedendo ovviamente in maniera graduale.

L’Italia si sta attenendo alle disposizioni dell’OMS e ad oggi, si trova in anticipo di otto anni rispetto agli obiettivi prefissati di eliminazione dell’epatite C, raggiungendo una diminuzione del 65% delle morti correlate all’infezione già entro il 2022.

Ad evidenziare questo trend, uno studio coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e pubblicato dalla rivista Liver International. Lo studio dell’Iss però evidenzia come servano degli screening mirati per riuscire ad eliminare completamente il virus.

«Il nostro paese è un modello nella lotta al virus. Possiamo dire con orgoglio che questo traguardo verrà raggiunto grazie a un approccio universalistico e solidale unico al mondo, considerando oltretutto il significativo numero dei casi. E siamo sulla buona strada per raggiungere l’eliminazione del virus entro il 2030» – ha spiegato nei giorni scorsi Walter Ricciardi, Presidente dell’Iss.

Per raggiungere l’obiettivo dell’eliminazione dell’HCV è necessario valutare possibili strategie e scegliere quella più efficace. E’ ciò che stanno facendo i dell’Iss, dell’associazione italiana studi sul fegato (Aisf) e la società italiana di malattie infettive, Simit, in collaborazione con l’Aifa e con il Center for Disease Analysis, disegnando i possibili scenari per scegliere la strategia migliore.

Eradicare totalmente il virus è un’impresa possibile mantenendo alto il numero delle persone in terapia effettuando degli screening mirati su particolari gruppi della popolazione generale con maggiore probabilità di avere un’alta prevalenza, scovando così il ‘sommerso’. Questa la conclusione a cui sono giunti i ricercatori.

Mario Melazzini, Direttore Generale dell’Aifa, ha affermato che «I risultati ottenuti supportano da un punto di vista scientifico la politica già messa in atto nel 2017: trattare tutti i pazienti con infezione cronica da HCV (indipendentemente dal danno epatico) produrrà importanti guadagni, in termini di salute delle persone con questa infezione, ma anche in termini di riduzione dei costi diretti e indiretti attesi da parte del Servizio Sanitario Nazionale».

ISTAT, cresciuta la spesa sanitaria per anziani e famiglie

ISTAT, cresciuta la spesa sanitaria per anziani e famiglie

L’ISTAT informa che fra le voci che hanno gravato maggiormente sui bilanci familiari e degli anziani nel 2017, v’è quella relativa alla spesa sanitaria con 123 € al mese di media

La spesa sanitaria degli anziani cresce e sale sino all’8 % toccando quota + 17,3% per anziani e single. Sono i dati diffusi dall’ISTAT che per il 2017 ha riscontrato un aumento sostanzioso della spesa sanitaria rispetto all’anno precedente.

spesa sanitaria
spesa sanitaria

Aumento della spesa che riguarda in special modo le famiglie anziane rispetto a quelle giovani. La spesa sanitaria per gli anziani soli ha raggiunto il 6,9% mentre fra le coppie è arrivata a quota 6,7%.

La spesa media mensile cresce anche quando all’interno della famiglia vi sono individui che hanno conseguito un titolo di studio.

Nello specifico: i nuclei familiari con all’interno una persona di riferimento almeno laureata alzano la media a 3.679 euro mensili, facendo segnare un +3,6%. Se invece si tratta di diploma di scuola secondaria superiore, il dato si attesta a 2.846 €, ovvero +2,2%.

Queste famiglie, infatti, spendono in media 2,2 volte i 1.699 euro spesi dalle famiglie in cui la persona di riferimento ha al massimo la licenza elementare.

Per le famiglie costituite da soli stranieri e da soli italiani il differenziale rimane costante con un divario che scende sotto i mille euro, 1.679 € per gli stranieri e 2.624 € per gli italiani. Per i primi, la spesa si concentra sulle spese relative a beni e servizi essenziali. In particolare il 22% è destinato alla spesa alimentare mentre il 36% all’abitazione.

Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino

Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino

Un vaccino per contrastare la resistenza batterica agli antibiotici, problema che provoca ogni anno nel mondo il decesso di 700.000 persone

E’ in corso uno studio su un vaccino in grado di contrastare la resistenza agli antibiotici ma sono in corso studi anche su vaccini di tipo preventivo contro i tumori alla prostata ed al seno.

Lo ha rivelato di recente il microbiologo Rino Rappuoli, considerato il padre italiano dei vaccini moderni, basati sulla genomica e che vengono ormai somministrati a milioni di persone nel mondo. A Rappuoli ed al suo team, va ascritta la paternità del vaccino contro il meningococco B.

Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino
Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino

700.000 di decessi all’anno dovuti alle infezioni resistenti che nel 2050, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, potrebbero diventare 10 milioni. Le infezioni resistenti si sviluppano soprattutto negli ospedali, in quelle persone trattate con terapie che ne abbassano le difese immunitarie.

Intanto si sta sperimentando un vaccino contro il gonococco, batterio che provoca la gonorrea, responsabile al momento di 78 mila decessi in tutto il mondo. Lo studio e la realizzazione di un vaccino necessita spesso di molto tempo, possono trascorrere anche 10 anni per la sua definizione e messa a disposizione della popolazione tuttavia è grazie a questo lavoro che si riescono a debellare patologie.

Così è successo in diverse occasioni quando alcune patologie prima uccidevano bambini e adulti. La spesa della realizzazione di un vaccino è determinata soprattutto dallo sviluppo che viene eseguito attraverso molta tecnologia. Inoltre, se negli anni si sono sviluppati vaccini che guardavano per lo più ai bambini, ora con l’allungamento della vita, è necessario guardare anche alla terza età, per contrastare le malattie che colpiscono gli over 65.

Rappuoli, durante l’incontro ‘Prevenzione e innovazione’, organizzato a Roma da Farmindustria, ha sottolineato l’importanza per gli scienziati dei risultati di questo lavoro di ricerca per i Paesi del terzo mondo, rivelando che esiste un vaccino registrato contro la malaria. A fine anno, come ha indicato l’Oms, verrà usato in tre Paesi africani. Non è un vaccino perfetto perchè ha un’efficacia che va dal 30 al 50% a seconda della dose e della fascia di età. Ma è già qualcosa”, ha detto il microbiologo.

Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull’uomo

Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull’uomo

Pubblicato uno studio clinico sul metabolismo delle molecole bioattive presenti nella mela, scoperto il percorso dei polifenoli ed individuato il ruolo decisivo del microbiota intestino

“Una mela al giorno, leva il medico di torno” recita un vecchio detto che sembra più che mai in voga oggi, dopo che una ricerca ha rivelato cosa succede quando ingeriamo questo frutto. La ricerca ha scoperto le complesse trasformazioni dei polifenoli in 110 forme chimiche biodisponibili all’organismo umano evidenziando il ruolo decisivo del microbiota intestinale nell’azione benefica di questi composti bioattivi.

Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull'uomo
Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull’uomo

I polifeni sono molecole naturali di interesse nutrizionale, in quanto posseggono attività anti-infiammatorie, anti-diabetogene e anti-cancerogene in modelli in vitro e animali. Non è chiaro però come queste molecole, tra loro estremamente diversificate, possano svolgere queste attività benefiche anche sull’uomo.

Lo studio, di carattere internazionale, ha coinvolto la Fondazione Edmund Mach (Fem) in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) ed è stato finanziato dal progetto Ager Melo. Pubblicata sulla rivista Food Research International, la ricerca apre a nuove prospettive grazie alla scoperta sul ruolo dei polifenoli contenuti nella polpa ma soprattutto nella buccia delle mele.

I risultati della ricerca sono sufficienti per fornire informazioni essenziali per mappare la nutri-cinetica. Ciò significa riuscire a capire qual è il transito delle molecole nel corpo umano, che agiscono con una reale azione protettiva proponendo una metodologia innovativa basata su tecniche multi-omiche (metabolomica e metagenomica) per correlare la biodisponibilità alla composizione del microbiota intestinale.

Lo studio afferma che la quantità e la persistenza di ognuna di queste molecole nei fluidi biologici (sangue e urine) è risultata molto variabile tra un individuo e l’altro e tali disparità si verificano non solo a causa di differenze genetiche, ma anche a causa di diversificazione nella composizione del microbiota intestinale. Dalla ricerca è emerso che mentre il 40% dei metaboliti originava dai processi metabolici umani, il restante 60% richiedeva l’intervento dell’azione dei batteri intestinali per poter entrare in circolo.

Nessuno dei composti fenolici presenti nel succo di mela è presente nell’organismo in forma originale. Questi composti vengono variamente metabolizzati nell’uomo in 110 diverse forme chimiche che compaiono nel circolo sanguigno prima, e nelle urine poi. I ricercatori, attraverso l’utilizzo di tecniche “metaboliche” che consentono lo studio contemporaneo di un numero molto elevato di composti, sono riusciti a descrivere la cinetica di metaboliti di particolare interesse, derivanti in particolare dalla floretina, dai flavanoli (catechine e procianidine) e dall’acido clorogenico. Tutti questi composti fenolici sono particolarmente abbondanti nella mela, specie se consumata con la buccia.

Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine

Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine

Sono 200mila le persone che in Italia soffrono di celiachia ma potrebbero essere molte di più, perchè spesso chi ne è affetto non sa di esserlo

Un problema nascosto per molti che non sanno di essere affetti di celiachia perchè la malattia non manifesta sintomi. Sono 200 mila i soggetti ufficiali affetti da celiachia ma potrebbero essere oltre 400mila, si tratta quindi di casi non diagnosticati. I dati sono stati diffusi di recente direttamente dal Ministero della Salute.

Un incremento dei casi che potrebbe dipendere da diversi fattori, fra cui: un maggiore consumo di alimenti che contengono glutine; criteri di diagnosi più avanzati che permettono di individuare la malattia in un numero maggiore rispetto al passato.

Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine
Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine

La celiachia è una malattia autoimmune che colpisce in Italia, fra i casi acclarati, 139mila donne e 59mila uomini. La maggiore incidenza nel sesso femminile può dipendere dagli ormoni sessuali.

Vediamo alcuni luoghi comuni sulla celiachia. Il primo è il confonderla con l’allergia al glutine. La celiachia infatti non è un’allergia ma un’intolleranza al glutine. La persona che ne è affetta nasce già con una predisposizione genetica, tuttavia la malattia può presentarsi anche in età adulta.

Ovviamente un paziente celiaco non può mangiare i cereali che contengono il glutine, il quale si trova nel frumento, grano, segale, orzo, farro. Lo stesso paziente però, può mangiare riso, sorgo, teff, mais nonchè tutti gli pseudocereali come quinoa, amaranto, grano e miglio. Anche i salumi possono contenere il glutine, a volte infatti sono realizzati con latte in polvere che viene prodotto con aggiunta di farina di frumento ricco di glutine.

Fra gli alimenti ammessi c’è il latte ma in questo ambito si deve prestare attenzione agli yogurt, che non devono contenere aromi o altre sostanze che potrebbero potenzialmente contenere glutine.

Anche al caffè bisogna stare attenti, perchè spesso alcune bevande al caffè contengono glutine. Fra queste il caffè al ginseng, le bevande al gusto di caffè al ginseng, le cialde per bevande calde. Sono da evitare assolutamente se non presentano l’indicazione “senza glutine” il caffè solubile, i surrogati del caffè, le bevande ed i preparati a base di cereali.

Nessun problema per le spezie naturali. Non è così invece per quelle aromatizzate o le miscele di spezie al sale aromatizzato, alla salsa di soia, al curry, ma anche agli aromatizzanti e al lievito per dolci e allo zucchero al velo, spesso addizionato di amido di frumento. Il paziente celiaco deve far attenzione anche al cioccolato e leggere sempre le etichette. Spesso infatti, il cacao può essere stato lavorato in luoghi contaminati che contengono uno o più ingredienti che a loro volta contengono glutine.

La celiachia è una malattia che può dipendere da diversi fattori, per questo detta multifattoriale, in cui la presenza di geni predisponenti è un fattore necessario per l’insorgenza. Al momento, nessuno studio o ricerca scientifica sono riusciti a dimostrare che eliminando il glutine dalla dieta, aiuta a prevenire la malattia.

In ultimo, chi non soffre di celiachia può portare a importanti deficit nutrizionali, perchè comporterebbe una esclusione di nutrienti importanti e utili nella prevenzione del rischio di diverse disturbi come quelli cardiovascolari e del diabete.

70enni, il cuore invecchia più lentamente rispetto a 10 anni fa

70enni, il cuore invecchia più lentamente rispetto a 10 anni fa

Grazie alla prevenzione, infarti e ictus arrivano dieci anni più tardi rispetto al passato, il cuore dunque invecchia più lentamente

Gli anziani di oggi, rispetto a quelli di 20 anni fa, al pari di età, sembrano molto più giovani e difatti gli infarti si presentano 10 anni più tardi. Ad affermarlo, gli esperti della Società Italiana di Cardiologia geriatrica e dal gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa.

cuore
cuore

Il motivo è dovuto al trattamento con le statine dell’ipercolesterolemia e dell’ipertensione arteriosa che ha provocato un crollo delle malattie cardio e cerebrovascolari, ovvero di infarti ed ictus, dovuto alla riduzione delle malattie da aterosclerosi.

La comparsa dell’infarto ha superato i 70 anni mentre all’inizio di questo secolo si attestava sui 65 anni e nel decennio precedente inferiore ai 60 anni.

Uno studio condotto su 2mila persone di età compresa fra i 65 e gli 84 anni, ha tuttavia rilevato una problematica sorta da questo allungamento dei tempi riguardo la comparsa dell’infarto ed è relativo alla disfunzione della pompa cardiaca.

Una problematica attribuita alla naturale degenerazione delle fibre cardiache più che alla loro perdita dovuta ad infarto. Un aspetto che pone queste persone al rischio di sviluppare insufficienza cardiaca.

A tal proposito, la SICGe (Società Italiana di Cardiologia geriatrica), ha messo a punto un progetto che toccherà tutto il territorio nazionale chiamato “Il cuore di … ” e prenderà il nome di volta in volta, del luogo ove verrà fatta la rilevazione. Si tratta di un grande progetto di prevenzione, studiato insieme a Federanziani, che si pone come obiettivo l’analisi di come sia cambiata la biologia del cuore degli anziani di oggi rispetto al passato.

Il progetto si svolgerà eseguendo uno studio ecocardiografico del cuore degli anziani e dei grandi anziani, presi a campione, come fatto già nello scorso autunno a Rimini, su 149 soggetti di età media pari a 73 anni. Già in quell’occasione si è potuto constatare come risultava elevata la percentuale di disfunzioni valvolari cardiache.

Ciò a conferma che a causa della riduzione delle malattie coronariche, il trascorrere del tempo agisce facendo insorgere nuove patologie, inerenti invece il fenomeno della degenerazione dei tessuti, che sono ritenute tuttavia fisiologiche ma spesso prevenibili per ottenere un aumento della durata della vita in buona salute.

Attacchi epilettici, scoperto un congegno che può prevederli

Attacchi epilettici, scoperto un congegno che può prevederli

La scoperta è frutto del lavoro di un gruppo di esperti australiani, che hanno sviluppato un congegno capace di prevedere un attacco di epilessia con circa 30 minuti di anticipo.

Grazie ad una semplice cuffia in testa si possono predire, con un’accuratezza dell’80%, i segnali antecedenti ad una crisi di questo tipo. Così la persona interessata può avere tutto il tempo di prepararsi per trovare un luogo sicuro e ridurre l’alta percentuale di stress derivante da problemi del genere. A pubblicare lo studio Neural Networks, che descrive come i ricercatori guidati da Omid Kavehei della facoltà di ingegneria e IT dell’Università di Sydney, si sono avvalsi del supporto dell’intelligenza artificiale.

“L’intelligenza artificiale è capace di individuare modelli nascosti nei dati, non rintracciabili con tecniche convenzionali. – precisa Kavehei – Molti credono che gli attacchi siano casuali, ma vi sono comunque degli schemi ricorrenti nel periodo immediato che li precede”. Il congegno progettato va posizionato su un’anca ed è in grado di far scattare un allarme fra 5 e 30 minuti prima di un attacco.

L’epilessia è una condizione neurologica (in alcuni casi definita cronica, in altri transitoria, come per esempio un episodio mai più ripetutosi) caratterizzata da ricorrenti e improvvise manifestazioni con improvvisa perdita della coscienza e violenti movimenti convulsivi dei muscoli. Gli attacchi epilettici sono il risultato dell’attività eccessiva e anormale dei neuroni (le cellule del cervello) della corteccia cerebrale. Sono circa 65 milioni le persone nel mondo che soffrono di questo disturbo. Fino ad oggi solo un intervento chirurgico è in grado di individuare attacchi imminenti. Da qui a breve gli studiosi dell’equipe guidata da Kavehei si concentreranno in maniera ancora più accurata sulle reti neurali.

Il tumore al polmone può essere individuato con un esame del sangue

Il tumore al polmone può essere individuato con un esame del sangue

Tenere sotto controllo costantemente lo stato del proprio sangue potrebbe essere un buon metodo per evitare spiacevoli sorprese e in alcuni casi magari intervenire repentinamente su eventuali malattie.

Con un semplicissimo test del sangue, chiamato biopsia liquida, si può individuare un tumore al polmone nello stadio iniziale. Lo ha reso noto il primo autore dello studio, Geoffrey Oxnard, del Dana Farber Cancer Institute-Harvard Medical School di Boston, che si definisce “eccitato da questi risultati iniziali, che dimostrano che è possibile individuare questa neoplasia precocemente da campioni di sangue utilizzando il sequenziamento del genoma”.

La scoperta è alla base di uno studio molto più grande in atto, CCGA (Circulating Cell Free Genome Atlas): già nella fase preliminare si è palesata l’evidenza di come questo particolare test del sangue sia in grado di dimostrare la presenza di un cancro al polmone ancora in fase iniziale. Lo studio è stato presentato qualche giorno fa al congresso dell’American Society of clinical oncology (Asco) e rientra tra i primi studi che prendono in considerazione l’esame del DNA circolante come strumento valido per effettuare una diagnosi precoce di cancro.

L’esame è risultato attendibile nel 90% dei casi analizzati, tanto che il National Health Service (Nhs), il servizio sanitario inglese, lo adotterà per ottenere diagnosi precise e tempestive. Nello studio americano che ha dato eccellenti risultati sono state coinvolte 1.600 persone, 749 sane e 878 a cui da poco era stato diagnosticato un tumore. Un notizia d’eccezione perché scoprire in anticipo una neoplasia toracica è molto difficile e, a oggi, la mortalità per questo tipo di cancro resta alta anche perché il più delle volte lo si scopre in fase avanzata.

Pressione alta: la proteina galectina-1 può abbassarla

Pressione alta: la proteina galectina-1 può abbassarla

Scoperta dai ricercatori del National University of Singapore una funzione importante della proteina galectina-1, che agisce abbassando la pressione alta.

Ogni anno l’ipertensione causa 7,5 milioni di morti nel mondo, circa il 12% del totale di tutti i decessi. Sono questi i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità che per l’appunto, allarmano la comunità scientifica al lavoro per trovare una soluzione.

A Singapore, ad esempio, i ricercatori del National University hanno scoperto una funzione importante della galectina-1. Secondo gli studiosi, tale proteina è in grado di influenzare a sua volta, la funzione di un’altra proteina di tipo-L del canale di calcio, che agisce per contrarre i vasi sanguigni.

Pressione alta: la proteina galectina-1 può abbassarla
Pressione alta

La riduzione delle attività di questi canali permette alla galectina-1 di agire abbassando al pressione del sangue. I pazienti sono considerati con ipertensione di stadio 1 e stadio 2, proprio in base a ciò, devono seguire due raccomandazioni diverse.

I pazienti con ipertensione di stadio 1 devono cambiare lo stile di vita per ridurre il rischio di incorrere in ulteriori problematiche come ad esempio in altre malattie.

I pazienti che invece soffrono di ipertensione di stadio 2 o superiore, per affrontare il problema devono assumere dei farmaci antipertensivi che bloccano i canali di calcio.

Tali farmaci sono tradizionalmente usati per abbassarla, ma il loro uso è associato a un rischio maggiore di insufficienza cardiaca nei pazienti ipertesi, in particolare per quelli con problemi cardiaci.

Secondo gli studiosi di Singapore, lo sviluppo di farmaci che potrebbero regolare l’attività del canale del calcio di tipo L può portare a realizzare nuove terapie anti-ipertensive.

Una persona su tre al mondo soffre di pressione alta ma non lo sa

Una persona su tre al mondo soffre di pressione alta ma non lo sa

Una persona su tre al mondo soffre di pressione alta senza saperlo, anche per questo, di recente, Federfarma ha realizzato una campagna di sensibilizzazione e di screening in seimila farmacie

Più di un terzo delle persone al mondo soffre di pressione alta, un problema che ogni anno provoca 10 milioni di decessi. Ciò che emerge da uno studio condotto a livello globale dai ricercatori dell’Università dell’Australia Occidentale però, è che sono moltissimi coloro che ne soffrono senza esserne coscienti.

pressione alta
pressione alta

Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista medica Lancet Global Health, ha analizzato 1,2 milioni di persone aventi un’età pari a 18 anni, in 80 paesi in tutto il mondo. Il risultato è stato che il 34,5% delle persone sottoposte a controlli, presentava la pressione alta, oltre 140/90.

Il dato rilevante è che di queste persone, il 17% non stava osservando alcun trattamento mentre il 46,7% stava ricevendo un trattamento, tuttavia la pressione sanguigna non risultava ancora nella norma, dunque fuori controllo.

“Ciò che è davvero allarmante -ha affermato l’autore principale dello studio Markus Schlaich- è che quasi la metà delle persone che erano già in cura per l’ipertensione avevano ancora una pressione sanguigna superiore ai livelli raccomandati. In altre parole metà dei pazienti sono trattati in modo inadeguato”.

La cosa starna è che la disponibilità dei farmaci c’è, ma secondo Markus Schlaich ciò si verifica perché “in gran parte, è dovuto al fatto che le persone non assumono i medicinali in quanto hanno avuto effetti collaterali o temono di averne”.

Nel frattempo in Italia, si è tenuta l’iniziativa “Abbasso la pressione!”, organizzata da Federfarma dando la possibilità agli utenti di approfittare di queste giornate di prevenzione che hanno costituito la prima campagna nazionale per il controllo dell’ipertensione.

Un’iniziativa che ha visto la misurazione gratuita della pressione e consigli utili su come prevenire o affrontare il fenomeno. Le farmacia coinvolte per lo screening gratuito sono state 6.000 in tutta Italia.

Frutta secca, un valido alleato contro la fibrillazione atriale

Frutta secca, un valido alleato contro la fibrillazione atriale

Una ricerca durata ben vent’anni ha dimostrato come noci, mandorle e nocciole siano utili contro l’aritmia

Alimenti noci, nocciole e mandorle sono infatti utili a ridurre il rischio di incappare in questa condizione. Lo porta alla luce uno studio del Karolinska Institutet e dell’Università di Uppsala, in Svezia, pubblicato su Heart. Dal risultato si evidenzia come un consumo abituale può ridurre sensibilmente il rischio di sviluppare insufficienza cardiaca.

Frutta secca, un valido alleato contro la fibrillazione atriale
Frutta secca, un valido alleato contro la fibrillazione atriale

Utili alla ricerca le risposte a un questionario sulla frequenza alimentare e le informazioni sullo stile di vita posto a più di 61.000 svedesi di età compresa tra i 45 e gli 83 anni. La loro salute cardiovascolare è stata monitorata per 17 anni (fino alla fine del 2014) o fino alla loro morte. Durante il periodo in questione si sono verificati 4983 infarti, 3160 casi di insufficienza cardiaca e 7550 casi di fibrillazione atriale.

Chi mangiava frutta secca abbassava il rischio di fibrillazione atriale. Questo il dato significativo: una porzione una o tre volte al mese era associata a un rischio ridotto di appena il 3%, che saliva al 12% per il consumo una o due volte a settimana e al 18% per tre o più volte.

Gli studiosi sottolineano che la frutta secca, in particolar modo le noci, risultano essere fonti di acidi grassi insaturi, proteine, fibre, minerali, vitamina E, folati e altri composti bioattivi come fenoli e fitosteroli.

Il consumo può influire sulla salute cardiovascolare migliorando i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, riducendo il rischio di aumento di peso attraverso effetti antiossidanti e anti-infiammatori.

Un gel per riparare i danni al cervello provocati dall’ictus

Un gel per riparare i danni al cervello provocati dall’ictus

Una innovativa sostanza “gel biotech” testata sui topi, ha rigenerato le connessioni nervose andando a riparare i danni al cervello provocati dall’ictus

Un esperimento che offrirebbe nuovi scenari per tutte quelle persone che sono state colpite da ictus cerebrale è stato svolto con successo dai ricercatori dell’Università della California a Los Angeles.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Materials. “Questo studio indica che nuovo tessuto cerebrale può essere rigenerato in quella che prima era solo una cicatrice inattiva del cervello” – ha spiegato il neurologo Stanley Thomas Carmichael.

ictus
ictus

La problematica, derivante dalla lesione provocata dall’ictus, è costituita dal tessuto cerebrale “morto” che viene riassorbito, lasciando una cavità priva di vasi sanguigni, neuroni e fibre nervose.

I ricercatori californiani hanno quindi pensato di produrre uno speciale gel che, una volta iniettato nel cervello, agisce cambiando spessore e consistenza, assumendo le proprietà del tessuto cerebrale formando una sorta di ‘impalcatura’ che sostiene la rigenerazione.

L’idea è stata sottoposta a esperimento tramite il gel, infuso nei topi, nei giorni immediatamente successivi all’ictus, insieme a molecole che stimolano la formazione di vasi sanguigni e sopprimono l’infiammazione, con quest’ultima che è la causa della formazione delle cicatrici che impediscono la crescita di nuovo tessuto funzionale.

L’effetto è stato quello di ottenere un tessuto cerebrale rigenerato con nuovi circuiti neurali mostrando un miglioramento delle capacità motorie. Un risultato mai conseguito prima d’ora ma che non chiarisce il meccanismo che ha prodotto questo effetto.

“Può essere che le nuove fibre nervose siano davvero funzionanti oppure che il nuovo tessuto migliori in qualche modo le performance del tessuto sano circostante” – ha affermato la biochimica Tatiana Segura.

Il gel biotech è stato completamente riassorbito dal corpo, lasciando soltanto il nuovo tessuto rigenerato, un risultato eccezionale che, di fatto, ha concluso l’esperimento.

Se Lui depresso, ridotte le possibilità che Lei resti incinta

Se Lui depresso, ridotte le possibilità che Lei resti incinta

La depressione maschile riduce le possibilità che Lei resti incinta sotto al 60%, lo dice uno studio USA pubblicato su Fertility and sterility

Sono minori del 60% le possibilità che Lei resti incinta se il suo uomo soffre di depressione. Questo il dato generato da uno studio effettuato dai ricercatori dell’Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (uno dei National Institutes of Health (NIH) del Dipartimento di Salute degli Stati Uniti).

Depressione maschile, ridotte le possibilità che Lei resti incinta
Depressione maschile, ridotte le possibilità che Lei resti incinta

In particolare, sono state esaminate coppie trattate per l’infertilità. Lo studio ha messo a confronto i dati generati da due ricerche differenti.

Una ha dimostrato che il 40% delle donne che cercano trattamenti per la fertilità, mostra sintomi di depressione, l’altra invece ha evidenziato che tra gli uomini che eseguono trattamenti di fecondazione in vitro, quasi la metà ha sperimentato questo problema.

I ricercatori dell’Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development però, si sono spinti oltre a questi dati, cercando di capire qual è la potenziale influenza che la depressione può avere tra le coppie che cercano un figlio.

I dati dei due studi effettuati in precedenza, si riferivano a 1.650 donne e 1.608 uomini. Il dato che ne è emerso riguarda la difficoltà per il concepimento e la nascita del bimbo, per quelle coppie in cui l’uomo soffriva di depressione maggiore. In questi casi infatti le possibilità si abbassavano al di sotto del 60%, rispetto a coppie in cui l’uomo non manifestava problematiche di questo genere.

“Il nostro studio fornisce ai pazienti con infertilità e ai loro medici nuove informazioni da prendere in considerazione quando prendono decisioni terapeutiche” – ha detto l’autore principale, Esther Eisenberg.

Sideremia, cos’è e cosa fare se è alta o bassa

Sideremia, cos’è e cosa fare se è alta o bassa

Il ferro è un elemento importante essenziale per la vita perché è coinvolto in moltissimi processi biochimici come la formazione dell’emoglobina e dei citocromi; la sideremia rappresenta la quantità di ferro di trasporto nel sangue.

Per sapere qual è la quantità di ferro presente nel sangue è necessario conoscere i valori della sideremia che, per l’appunto, è misurazione della quantità di ferro presente nel plasma legato alla transferrina, la quale è invece la proteina che trasporta il ferro nell’organismo e per questo chiamata anche “ferro circolante”.

Sideremia, cos'è e cosa fare se è alta o bassa
Sideremia, cos’è e cosa fare se è alta o bassa

Proprio la sideremia misura questa quantità di ferro circolante, cioè di quello che viene assorbito dal fegato e dall’intestino, in particolare nel duodeno e viene trasportato ai tessuti dell’organismo che ne hanno bisogno.

Naturalmente, la sola misurazione della sidermia non è sufficiente a stabilire lo stato di salute di una persona. Per avere un quadro più completo è necessario infatti eseguire un’analisi del metabolismo del ferro, che comprenda la quantità di transferrina e la ferritina.

La misurazione della sideremia serve a rilevare eventuali forme di anemia, dati da confrontare con altre analisi. I valori sono espressi in microgrammo per decilitro (mcg/dl): 75/150 per gli uomini; 60/140 per le donne. Tali valori però possono variare, oltre che in base al sesso, anche all’età, allo stato di salute generale della persona, allo stile di vita e dunque all’attività che svolge.

La sideremia può quindi rientrare nella norma ma naturalmente può anche assumere dei valori alti o bassi. Un valore alto di sideremia può essere generato da una forma di anemia causata da un’epatite virale acuta, da malattie genetiche come la talassemia e dall’eccessiva presenza di ferro nel sangue in seguito a terapie, trasfusioni e stili alimentari sbilanciati. Una sideremia alta può essere causata anche da avvelenamento da piombo.

La sideremia bassa invece, può dipendere da un carente apporto di ferro nella dieta, un cattivo assorbimento del ferro a livello intestinale dovuto alla celiachia, al malassorbimento o altre patologie intestinali e a perdite o cali di ferro nell’organismo dovuti a condizioni fisiologiche come la gravidanza o le mestruazioni o patologiche come le emorragie.

Diabete, 1 malato su 2 vive in città

Diabete, 1 malato su 2 vive in città

Viene definito anche come diabete urbano, perché 1 malato su 2 vive in città. Per la prevenzione diventano determinanti gli stili di vita, è quanto affermano gli esperti

La nuova epidemia si chiama diabete urbano e affligge le città italiane. Nelle metropoli infatti v’è una maggiore concentrazione di persone malate di diabete, è quanto emerso dal 27/mo Congresso della Società italiana di diabetologia (Sid).

diabete
diabete

L’allarmante situazione nasce da una ricerca che pone la problematica sugli stili di vita delle persone. Proprio ai cittadini si rivolgono gli esperti esortandoli a cambiare le abitudini quotidiane.

I diabetologi, riunitisi a congresso, hanno lanciato un appello chiedendo di condurre una vita più sana e soprattutto sollecitandoli a muoversi maggiormente a piedi o in bicicletta a discapito di mezzi di trasporto meno salutari da questo punto di vista.

Sono queste le prime armi che aiuterebbero a prevenire questa patologia. «Il problema del diabete urbano è un problema globale. L’International Diabetes Federation prevede che nel 2045 i tre quarti della popolazione diabetica vivranno nelle metropoli o in città. Inoltre, si sta assistendo ad un incremento dell’obesità in coloro che vivono in aree urbane» – afferma il presidente Sid Giorgio Sesti.

E’ necessario dunque diffondere fra gli italiani una maggiore consapevolezza dei rischi legati al diabete, per tale motivo afferma Sesti che «Proprio per sensibilizzare le istituzioni ed i cittadini – afferma Sesti – la Società ha aderito al progetto Cities Changing Diabetes, allo scopo di promuovere stili di vita virtuosi».

PCR, proteina C reattiva: cos’è e qual è la sua funzione

PCR, proteina C reattiva: cos’è e qual è la sua funzione

La proteina C reattiva (PCR) è una proteina prodotta dal fegato e dagli adipociti (le cellule del tessuto adiposo), il suo aumento ematico è sintomo di infiammazione in corso nell’organismo

La proteina C reattiva (PCR) è un’alfaglobulina, fa parte della famiglia delle proteine, viene attivata proprio da un’infiammazione o da un trauma fisico.

PCR, proteina C reattiva: cos'è e qual è la sua funzione
Analisi del sangue – PCR, proteina C reattiva: cos’è e qual è la sua funzione

Il valore della PCR è però aspecifico, ovvero si tratta di un ottimo indicatore in base al quale si decide di indagare la situazione clinica con esami ematici più specifici ma non indica il sito preciso dell’infiammazione (flogosi).

Maggiore sarà lo stato infiammatorio e più sarà alta la quantità di proteina C reattiva sintetizzata che invece per mantenersi nei valori accettabili, deve essere inferiore a 8 mg/l di sangue.

L’attivazione di questa proteina può derivare da diverse patologie, come: reumatismi; infezioni batteriche o virali (come polmonite, cistite, otite, vaginite e così via); infarto miocardico; operazioni chirurgiche e traumi; morbo di Crohn; patologie autoimmuni; ascessi; addominali; peritonite; tumori.

In ogni caso, quando c’è un’infiammazione in corso nell’organismo, il valore della proteina C reattiva aumenta e diventa dosabile in laboratorio.

Il medico prescrive il dosaggio della PCR nei casi in cui si desidera: valutare l’evolversi del processo infiammatorio; stabilire l’efficacia di una terapia antinfiammatoria; verificare il processo di guarigione di ferite chirurgiche, ustioni o simili; valutare il rischio dello sviluppo di coronaropatie.

Come detto, si tratta di un marcatore generale dell’infiammazione. Il suo valore servirà poi per prescrivere ulteriori indagini diagnostiche specifiche per il singolo caso.

Clinical Control – Corso Italia, 154 – CAP 87046, Taverna di Montalto Uffugo (Cosenza).

Un test delle urine, per sapere quanto velocemente stiamo invecchiando

Un test delle urine, per sapere quanto velocemente stiamo invecchiando

Per sapere quanto sta invecchiando il nostro corpo, basta fare un test delle urine. Non è una provocazione scientifica priva di fondamento, ma uno studio approfondito pubblicato su Frontiers.

Test delle Urine
Test delle Urine

Tutti conosciamo la nostra età cronologica, ma i nostri corpi invecchiano a velocità diverse. Quindi, più che aspettarsi di invecchiare e morire perchè si ha una certa età, sarebbe più logico conoscere prima lo stato di invecchiamento del proprio corpo, che potrebbe essere paradossalmente basso a 50 anni, e alto a 30.

Molto dipende dall’ambiente in cui viviamo, dal nostro stile di vita, o dalla genetica. Sapere quanto velocemente stiamo invecchiando significherebbe poter anche intervenire su uno di questi tre fattori, per invertire la tendenza. Ma come scoprirlo?

Grazie ai sottoprodotti dell’ossigeno, che col tempo procurano danni ossidativi a DNA e RNA. I marcatori di questo processo si chiamano 8-oxoGsn, e aumentano con l’età. Studiare il livello di 8-oxoGsn nelle urine, significa conoscere la percentuale del danno ossidativo nel nostro corpo: tanto più 8-oxoGsn viene riscontrato, tanto più siamo invecchiati.

La ricerca ha coinvolto 1228 persone residenti in Cina, ma era partita da studi che già tentavano di dimostrare la connessione tra invecchiamento e danni ossidativi negli animali. Conoscere il proprio stato di invecchiamento attraverso un semplice test delle urine, oggi potrebbe segnalare importanti segnali che un’inversione di tendenza nel proprio stile di vita, è necessaria.

Setticemia: con il test rapido basta una goccia di sangue per diagnosticarla

Setticemia: con il test rapido basta una goccia di sangue per diagnosticarla

Daniel Irimia, dalle pagine della rivista Nature Biomedical Engineering, annuncia che sarà possibile diagnosticare la setticemia a partire da una semplice analisi del sangue, con una percentuale di successo del 95%.

Il ricercatore del Massachusetts General Hospital di Boston abbatte quindi la possibilità di errore, che allo stato attuale delle cose, si aggira intorno al 30%.

Test per Setticemia
Test per Setticemia

Le analisi odierne restituiscono risultati incerti, procurando ai pazienti un immotivato uso di antibiotici, o nel caso contrario, negligenze mortali.

Su 42 individui, il metodo Irimia ha fallito solo due volte. Quaranta, invece, le diagnosi esatte. Con le analisi del sangue disponibili oggi, gli errori sarebbero stati non due, ma dodici.

Questi straordinari risultati si basano su un piccolo labirinto: vi si lascia colare una goccia di sangue, che comincia a distribuirsi attraverso i microscopici canali del labirinto.

A seconda di come si muovono i neutrofili, un software è in grado di comprendere se quel sangue appartiene ad un paziente affetto da sepsi o meno. Daniel Irimia sembra aver trovato il modo per diagnosticare con maggiore sicurezza una malattia in moltissimi casi mortale.

La sperimentazione del suo metodo su un campione di volontari più alto, potrebbe voler dire molto, per la medicina e per le chances di sopravvivenza di chi viene colpito dalla setticemia.

Antibiotico-resistenza, situazione allarmante in Italia

Antibiotico-resistenza, situazione allarmante in Italia

Antibiotico-resistenza, in Europa si contano 4 milioni di infezioni da germi e 37 mila morti, con l’Italia che precede solo la Grecia in questa triste classifica

L’Oms prevede che nel 2050 i decessi per antibiotico-resistenza saranno 10 milioni l’anno. E in Italia sale la preoccupazione nella comunità scientifica, tanto che è stato prodotto un primo Decalogo per il corretto uso degli antibiotici, presentato la scorsa settimana al Ministero della Salute, un documento redatto dal Gisa, Gruppo italiano per la stewardship antimicrobica.

Antibiotico-resistenza, in Europa si contano 4 milioni di infezioni da germi e 37 mila morti, con l'Italia che precede solo la Grecia in questa triste classifica
Antibiotico-resistenza, in Europa si contano 4 milioni di infezioni da germi e 37 mila morti, con l’Italia che precede solo la Grecia in questa triste classifica

Preoccupa molto, in particolare, la situazione negli ospedali italiani dove si registrano ogni anno 300mila casi di infezioni da germi antibiotico-resistenti che portano a un numero di decesso di pazienti, fra i 4500 e 7mila.

Ma le stime dell’Oms vanno oltre: nel 2050, le morti provocate da germi multi-resistenti potrebbero arrivare a 10 milioni.

Un numero enorme che supera quello dei decessi per tumore e che quindi induce ai soggetti responsabili una riflessione importante onde intervenire per tempo.

Altro grave problema è la mancanza di nuovi antibiotici dovuta alla poca ricerca ed inoltre la situazione sta diventando molto pesante negli ospedali e specie nelle terapie intensive. “Basterebbe lavarsi le mani passando da un paziente all’altro” – ha dichiarato Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Iss.

“La realtà epidemiologica impone di ridurre l’uso inappropriato di antibiotici, sia nelle persone che negli animali, il miglioramento della diagnostica microbiologica e le prescrizioni inutili o fai da te”, dice presidente del Gisa che indica anche una delle cause della situazione italiana nel “calo del livello di protezione immunitaria, le vaccinazioni”.

Necessario quindi un approccio diverso, come quello dello One health, che considera interconnesse la tutela della salute umana, quella animale e ambientale e vi è il bisogno di una governance per il controllo delle infezioni. “Purtroppo in alcuni Paesi – hanno spiegato gli esperti – gli antibiotici vengono usati anche per accelerare la crescita degli animali. Nell’Ue la legislazione è restrittiva, ma non è così dappertutto”.

All’incontro al Ministero della Salute, hanno partecipato anche rappresentanti dell’Ocse, dell’Ecdc e della Fao che hanno anticipato la promozione di azioni globali.

Celiachia, aumentano i malati: nel 2016 oltre 15mila diagnosi

Celiachia, aumentano i malati: nel 2016 oltre 15mila diagnosi

Sono quasi 200mila i malati di celichia in Italia ma il dato preoccupante è che si stimano oltre 400mila persone che non sanno di essere malate

La relazione sulla celichia in Italia presentata al Parlamento nei mesi scorsi dipinge un quadro allarmante sulle diagnosi di celiachia nel nostro Paese e soprattutto sulle stime. Nel 2016 infatti, si sono aggiunti 15.569 celiaci, raggiungendo quindi la soglia dei 200mila, per la precisione 198.427. Di questi, due terzi terzo appartiene alla popolazione femminile e la quota rimanente a quella maschile.

celiachia
celiachia

Il dato ancor più preoccupante è quello inerente agli italiani celiaci che però non sanno di esserlo. Si stimano infatti 408mila persone malate di celiachia non ancora diagnosticate.

La regione che presenta il maggior numero di celiaci è la Lombardia con +5.499 diagnosi (regione che conta 37.907 celiaci residenti), seguita dal Lazio con +1.548 diagnosi (19.325 celiaci residenti) e dall’Emilia Romagna con +1.217 (18.720 celiaci residenti).

Il documento presentato in Parlamento sottolinea che “emerge un incremento delle diagnosi più spinto, forse favorito dalla maggiore sensibilizzazione dei cittadini ma anche dai nuovi indirizzi scientifici”. L’incremento si intende ad un anno dall’entrata in vigore del nuovo protocollo diagnostico, confrontato con i dati del triennio precedente 2014-2016.

La celichia è stata classificata ormai come patologia cronica, che si sviluppa in tutti quei soggetti che sono predisposti geneticamente e colpisce, al momento l’1% della popolazione italiana. Le persone affette da celichia, come risaputo, devono escludere dalla propria dieta il glutine.

Una situazione che impone un approccio più deciso delle istituzioni. La Relazione presentata in Parlamento, evidenzia la necessità di “dare piena applicazione al Protocollo diagnostico individuando sul territorio i presidi del Servizio sanitario nazionale per la diagnosi della celiachia ai fini delle esenzioni, dando così le stesse opportunità diagnostiche ai cittadini”.

La stima di 400mila celiaci non diagnosticati impone inoltre una priorità assoluta cioé l’adozione di unico protocollo per l’intero territorio nazionale, auspicato anche da Giuseppe di Fabio, presidente dell’Associazione italiana celiachia (Aic), ma anche la consapevolezza che la celiachia “è ancora una malattia in gran parte ‘sommersa’ e da scoprire e la sfida maggiore per il 2018 è proprio garantire l’applicazione del nuovo protocollo per la diagnosi su tutto il territorio nazionale, considerando che si stima che siano oltre 400mila gli italiani celiaci non ancora diagnosticati”, come sottolineato Caterina Pilo, direttore generale di Aic.

“In Italia attendiamo 600mila casi di celiachia, considerando che la prevalenza della malattia è dell’1% sulla popolazione, ma siamo ancora intorno a un terzo delle diagnosi fatte” – ha detto il direttore generale di Aic commentando i dati della relazione.

“Le diagnosi – spiega Pilo – crescono grazie alle nuove tecniche e la maggiore sensibilizzazione delle persone, ma bisogna lavorare ancora molto. Innanzitutto applicando su tutto il territorio il nuovo protocollo per la diagnosi approntato dal ministero e che non è applicato ovunque”.

Sulla questione dei costi dei prodotti alimentari per celiaci e sui tetti di spesa garantiti per le esenzioni “sono al momento in revisione e all’esame della conferenza Stato-regioni. Si va nella direzione di una loro riduzione perche ci sarà un adeguamento ai nuovi prezzi dei prodotti alimentari per celiaci, che sono calati. Ci aspettiamo che sia un adeguamento contenuto” – ha detto Pilo.

In Europa, colpite da malnutrizione ben 33 milioni di persone

In Europa, colpite da malnutrizione ben 33 milioni di persone

Pubblicate le linee di indirizzo dal Ministero della Salute per il trattamento delle persone colpite da malnutrizione già malate di patologie croniche e oncologiche; in Europa il problema è vissuto da 33 milioni di pazienti.

Una “malattia nella malattia”, così viene definita la malnutrizione per i pazienti già colpiti da patologie croniche e oncologiche. Un problema poco percepito seppure riguarda ben 33 milioni di persone in Europa a fronte del quale necessitano 120 miliardi di euro per affrontarla. E’ un costo sociale elevato ed anche per questo, il Ministero della Salute, attraverso un Accordo Stato-Regioni, ha approvato a dicembre scorso le “Linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti oncologici”.

In Europa, colpite da malnutrizione ben 33 milioni di persone
In Europa, colpite da malnutrizione ben 33 milioni di persone

Le linee di indirizzo sono state elaborate da un gruppo di lavoro multidisciplinare ed hanno l’obiettivo di ridurre le complicanze mediche derivanti dalla malnutrizione.

Inoltre hanno il compito di facilitare il recupero dello stato nutrizionale e della salute fisica, due obiettivi fondamentali per raggiungere la guarigione del paziente oncologico.

“La consapevolezza della prevalenza e delle conseguenze negative della malnutrizione nel malato oncologico è ancora molto scarsa sia tra gli operatori sanitari sia tra i pazienti” – è quanto si legge sul sito del ministero.

“Si osserva -prosegue il ministero- una prevalenza della malnutrizione compresa tra il 25% e il 70% in diversi Paesi europei ed extra-UE”. Un problema dunque, che viene vissuto in maniera disuniforme a seconda del contesto sanitario e degli strumenti utilizzati per valutare.

I pazienti oncologici risultano essere quelli più colpiti e, “tra i pazienti neoplastici che perdono peso corporeo, il 20-30% muore per le conseguenze della malnutrizione”.

Le linee di indirizzo hanno dunque tre obiettivi da conseguire: definire i bisogni specifici dei pazienti in ambito nutrizionale; un percorso integrato finalizzato a un programma nutrizionale personalizzato e associato al trattamento oncologico sin dal primo accesso ai servizi; formazione ed informazione agli operatori sanitari.